-

L'effetto Davis sui circoli italiani: ecco i perché del momento d'oro

Lo dicono i numeri: c'è un incremento medio del 20 per cento negli iscritti alle scuole tennis, in alcune regioni anche del 25 per cento. Ma si sono riavvicinati pure molti adulti che magari per un periodo si erano allontanati. Anche perché dati scientifici evidenziano che il tennis allunga la vita

19 febbraio 2024

C'è un effetto Davis che si avverte evidente, nel movimento del tennis italiano. È l'effetto che deriva dal trionfo tricolore dello scorso novembre a Malaga, poi ripetuto da Jannik Sinner in Australia con il primo Slam su superfici dure vinto da un giocatore azzurro. Ma in cosa si concretizza, questo effetto? Cosa ha comportato in questi ultimi mesi e cosa comporterà nell'immediato futuro?

“Intanto – spiega Michelangelo Dell'Edera, direttore dell'Istituto Superiore di Formazione Roberto Lombardi e Team Manager della Nazionale italiana – dobbiamo evidenziare che questi sono i risultati di quello che chiamiamo Sistema Italia. Un Sistema che è legato a doppio filo sia alla vittoria nelle Finals di Davis a Malaga, sia allo Slam di Sinner a Melbourne. Tutti traguardi che sono la palese dimostrazione che i progetti federali degli ultimi anni, da quello sui campi veloci a quello sulle strutture coperte, hanno dato frutti importanti. Allo stesso modo, hanno dato frutti i dettami dell'ISF in merito all'attenzione particolare da mettere sui colpi di inizio gioco – servizio e risposta – che sul veloce risultano ancor più determinanti. Tutto questo ha portato a un cambiamento prima di tutto di ordine culturale, facendo sì che oggi il tennis stia diventando uno sport sempre più popolare, dal Nord al Sud Italia. Lo dicono i numeri, del resto: c'è un incremento medio del 20 per cento negli iscritti alle scuole tennis, in alcune regioni anche del 25 per cento. Ma si sono riavvicinati pure molti adulti che magari per un periodo si erano allontanati. Anche perché dati scientifici evidenziano che il tennis allunga la vita. Inoltre, il progetto in ambito scolastico di 'Racchette in classe' (che include tennis, padel, beach e tennis tavolo, ndr) si sta indirizzando con una percentuale sempre superiore al mondo del tennis”. 

I risultati, uniti alla cassa di risonanza che i media stanno dando alla tennis-mania, stanno aiutando nella diffusione del nostro sport. E il merito non è del solo Sinner, per quanto Jannik sia la punta del movimento. “In questi giorni – prosegue Dell'Edera – abbiamo visto Andrea Vavassori dare del filo da torcere a Carlos Alcaraz, abbiamo visto Flavio Cobolli impegnato ad altissimo livello. Pochi giorni fa è arrivato il primo titolo Atp di Luciano Darderi. Jannik in modo particolare, però, sta influendo sulla percezione dei tifosi perché riesce a essere protagonista anche fuori dal campo, persino involontariamente: è così un bravo ragazzo e una persona pulita, che finisce per essere un esempio, seguito dal mondo dei giovani e degli adulti. È un personaggio che ogni volta rivolge l'attenzione sugli altri e non su se stesso: a Malaga ha parlato di Tathiana Garbin, a Melbourne ha evidenziato il ruolo dei genitori nel metterlo in condizione di diventare autonomo nelle sue scelte. Inoltre è così seguito ed è un esempio virtuoso anche perché dopo aver conquistato una partita o un torneo parla sempre di come innalzare ulteriormente le sue competenze, parla di squadra, parla di famiglia. La centralità nel nostro Paese è proprio sulla famiglia, e questo suo modo di essere sta portando a far parlare di tennis chiunque. Mi è capitato di vedere di persona due bambini di 4 anni che provavano a simulare il diritto e rovescio di Sinner: ebbene, questo è un valore aggiunto ineguagliabile per il movimento”.

Andrea Vavassori (foto Milesi)

C'è una grande differenza, tra il boom attuale e quello vissuto negli anni 70 del secolo scorso. E non è una differenza legata ai mezzi di comunicazione, oggi profondamente cambiati. “Grazie alla vittoria di Davis del 1976 – continua Dell'Edera – in Italia si era cominciato a parlare di tennis e di Sat, acronimo di 'scuole di addestramento tennis'. Che, per inciso, si chiamavano in quel modo perché c'erano in media 40 bambini in un campo, che con l'insegnante simulavano a vuoto colpi parlando solamente di tecnica. Oggi il nostro sport sta diventando popolare nel senso più puro del termine, visto che già si conosceva. Adesso abbiamo le scuole di formazione di tennis, che rispettano precisi parametri quantitativi e qualitativi, tanto che ovunque ci sono delle liste di attesa per entrare. In generale la cultura tennistica è molto più ampia rispetto a quella degli anni 70, ed è questo che ci permetterà di fare una vera differenza. Faremo ulteriori progressi fidelizzando chi si avvicina con attività culturali e sportive, dunque pure con i tornei di base che possono emozionare fin dal principio i neofiti”.

Negli ultimi tre lustri il Sistema Italia ha dunque permesso un cambio radicale di strategia. Fino a 15 anni fa emergere era più complicato, con due soli centri tecnici nazionali a gestire i ragazzi, uno maschile e uno femminile. “Ora – spiega il direttore dell'ISF – abbiamo 2000 scuole tennis che in teoria sono sono 2000 centri tecnici: oggi puntiamo sul decentramento, pertanto sull'idea di costruire ambienti virtuosi a casa di questi ragazzi. Lo stesso Andrea Vavassori, che si sta mettendo in luce in singolare e in doppio, ha cominciato a giocare Pinerolo, con il padre ma pure con l'aiuto della FITP. Ora è più semplice arrivare all'alto livello, perché tutte queste scuole sono coordinate dall'attività di Tirrenia e di Formia, nonché dall'ISF. Il nostro compito nell'età giovanile è quello di indirizzare il talento, poi ognuno riuscirà a esprimerlo nel modo migliore arrivando a cogliere i risultati che merita”.

Infine, una speranza per il presente e per il futuro, affinché questo periodo d'oro si possa protrarre a lungo nel tempo: “Mi auguro che si sviluppi all'interno dei circoli quel concetto di squadra che ormai è il nostro filo conduttore di ogni attività. Quando parlo del successo in Davis a Malaga, tutti evidenziano che quello era prima di tutto un gruppo forte e coeso. Ebbene, il concetto andrebbe trasferito nei club, con l'idea che tutti i formatori possano lavorare insieme: questo porterà ad avere grandi benefici, per accogliere tutti coloro che si avvicineranno al tennis. L'augurio dunque è che i circoli diventino delle vere e proprie squadre”.

Loading...

Altri articoli che potrebbero piacerti