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Venerdì l’incontro fra i responsabili FIT e i dirigenti della federtennis francese, interessati al successo del Sistema Italia, figlio di studio, formazione dei tecnici e capacità di ragionare da team. Ma anche di un impegno culturale. “Felici dei risultati raggiunti – dice Dell’Edera – ma non ci accontentiamo: possiamo ancora fare molto”
20 novembre 2022
Per il tennis italiano, inteso anche come settore tecnico e Istituto Superiore di Formazione “Roberto Lombardi”, sono settimane davvero intense. Dopo Intesa Sanpaolo Next Gen ATP Finals e Nitto ATP Finals, fra pochi giorni sarà la volta della Coppa Davis, apice della piramide del Sistema Italia. Lo dicono i nomi dei giocatori presenti nella spedizione capitanata da Filippo Volandri e volata oggi a Malaga: tutti ragazzi, i più giovani in primis, che hanno svolto l’intera trafila under, fino a ritrovarsi nella nazionale maggiore.
“Ricordo quando questi giocatori vestivano la maglia della loro provincia o della loro regione – dice Michelangelo Dell’Edera, direttore dell’ISF –, mentre oggi, insieme, compongono una delle otto nazionali più forti al mondo. È straordinario che tre dei cinque convocati (Berrettini, Musetti, Sonego, ndr) si stiano ancora allenando con i maestri che li hanno cresciuti: è uno dei motivi per i quali oggi si parla tanto del Sistema Italia. Fino a vent’anni fa, appena c’era un ragazzo che prometteva grandi cose il settore tecnico lo convocava al centro nazionale, rompendo il cordone ombelicale fra l’atleta e il proprio contesto”.
“Oggi, invece, questa politica è completamente all’opposto. Ciò ci ha permesso di far crescere il movimento e allargare il numero e la qualità dei nostri allenatori in grado di lavorare in un contesto internazionale. A New York, nelle qualificazioni, c’erano 22 allenatori italiani, tutti impegnati in un torneo del Grande Slam al seguito dei propri atleti. Vuol dire che il sistema funziona e sta crescendo, e nostri tecnici iniziano a consolidare il proprio status non solo in Italia, ma nel mondo intero”.
Fra i più attenti ai risultati del sistema Italia c’è la FFT, la federtennis francese, che ha chiesto un incontro ai responsabili FIT per studiarne i segreti. “Venerdì – continua Dell’Edera – abbiamo incontrato il presidente della FFT Gilles Moretton, il suo vice, il segretario generale e Ivan Ljubicic, che svolge il ruolo di consulente per loro. Se la Francia, che ha il triplo del budget della FIT, il doppio dei tesserati e un numero di dipendenti dieci volte superiore al nostro, viene da noi per cercare di capire da dove parte l’enorme sviluppo degli ultimi anni, vuol dire che il nostro sistema inizia ad avere successo su scala globale”.
“Non ci dobbiamo sedere sugli allori, ma possiamo dire che oltre ad avere insegnanti competenti e giocatori talentuosi, abbiamo anche alzato l’asticella da un punto di vista culturale e sportivo. Il nostro popolo ha una passione e una creatività difficili da trovare altrove, che possono fare la differenza”.
In sostanza, nel rapporto Italia-Francia si è ribaltato ciò che successe una ventina d’anni fa, quando fu Dell’Edera ad andare dai “cugini” a dare un’occhiata. “Ricordo – dice ancora – che al primo simposio internazionale del Foro Italico invitai Bernard Pestre, al tempo direttore della formazione per la FFT. Mi piaceva tanto la sua capacità di trasmettere in maniera incredibile, e in diversi settori, determinati aspetti valoriali. Oggi tocca a noi: siamo un riferimento per il sistema internazionale e dobbiamo continuare a lavorare per rimanerlo, con umiltà, senza presunzione, ma con piena consapevolezza dei nostri mezzi”.
Come si evince dalle parole del direttore dell’ISF, nonché team manager della nazionale di Coppa Davis, fra le chiavi del successo c’è la capacità di iniziare a ragionare da vera e propria squadra. Un concetto che funziona anche in Davis, andando a enfatizzare gli aspetti positivi dell’entourage. “Tutti noi – dice ancora – abbiamo dei difetti, come è normale che sia. Ma se fino a ieri puntavamo il dito sui difetti delle persone, dei coach o dei giocatori, oggi siamo invece una squadra che enfatizza i propri punti di forza. Questo fa la differenza. L’ha fatta a Bratislava, quando Musetti è entrato in campo per l’ultimo singolare sul 2-2, mostrando una condizione psicofisica straordinaria. E l’ha fatta a Bologna, dove ogni giocatore ha dato il massimo in ogni singolo match. Ora ci auguriamo possa succedere lo stesso anche a Malaga”.
Il forfait di Sinner, infortunato, e il grande periodo di forma di Fritz renderà il cammino degli azzurri più complicato, ma ci sono comunque buoni motivi per essere fiduciosi. “Personalmente – continua Dell’Edera – ritengo già una vittoria l’essere arrivati a Malaga. Ora, le variabili che possono determinare vittorie e sconfitte sono molto piccole, anche perché la possibilità di vestire la maglia del proprio paese fa scattare una molla emozionale straordinaria, che aiuta a fare miracoli. Ma siamo pronti ad affrontare l’impegno da squadra, con la massima determinazione”.
“Più in generale – prosegue – il fatto che abbiamo una nazionale fra le prime 8 al mondo, così come l’interesse della FFT nei confronti del nostro lavoro, è la prova che stiamo vincendo, al di là del risultato sportivo che arriverà da Malaga. Ma non ci accontentiamo, vogliamo continuare ad alzare l’asticella dal punto di vista culturale e sportivo. Oggi, se due italiani perdono ai quarti di finale dello Us Open, dobbiamo essere in grado di capire che non c’è nulla da lamentarsi. Per anni siamo rimasti molto lontani da certi risultati, quindi dobbiamo tenere i piedi per terra. In questo momento il pericolo maggiore è quello di perdere il giusto equilibrio nell’affrontare le cose, e non valorizzare certi traguardi. Invece l’umiltà non va mai persa. Nel tennis è la peculiarità di tutti i migliori al mondo”.