Il primo Slam da under 18 di Samuel Vincent Ruggeri è durato meno di due ore fra singolare e doppio, perché il prestigio di un palcoscenico come lo Us Open si è trasformato in tensione, frenando i colpi, le gambe e l’estro del 17enne bergamasco. Ma ciò che i nervi gli hanno tolto in campo il biondo di mamma belga se l’è preso fuori, da bravo studente, spiando gli allenamenti dei grandi per rubare qualche segreto. “Da quel punto di vista – racconta – è stata una trasferta fantastica. Vedere i big giocare vicino a noi, e soprattutto avere la possibilità di osservare il loro modo di allenarsi, mi è sembrato un sogno. Mi ha colpito l’estrema concentrazione di tutti: un aspetto che noi giovani dobbiamo imparare”.
“Quando ho saputo di essere entrato nel main draw (inizialmente avrebbe dovuto giocare le qualificazioni, non a Flushing Meadows, ndr) ho fatto i salti di gioia – continua il giovane di Albino – e da questa possibilità ho imparato tanto. La gestione della tensione è un aspetto fondamentale, da allenare quotidianamente. Ci lavorerò”. Insomma, non è arrivata la gloria ma il bagaglio si è arricchito eccome, cancellando in fretta le due rapide sconfitte al primo turno. “In singolare mi sono venuti i crampi già nel riscaldamento, e non mi è riuscito quasi nulla. Pensavo di saper gestire un’occasione simile, invece viverla è un’altra storia”.
Tutta esperienza, da far fruttare al CTP di Palazzolo sull’Oglio, dove si allena da tre anni sotto la guida di Christian Merlato. L’obiettivo? Provare a ricalcare le orme di Matteo Berrettini, il big che l’ha colpito di più. “Ho seguito un suo allenamento, e mi ha impressionato il modo in cui si è applicato dall’inizio alla fine, seguendo tutte le indicazioni alla lettera e confrontandosi col suo coach. Ha sempre un body language impeccabile: sto provando a ispirarmi a lui. Da under non era il più atteso, ma allenandosi sempre con la giusta mentalità è arrivato in alto. È un esempio da seguire”. Tanto che, pur di vederlo in azione, Samuel è riuscito a “imbucarsi” con un amico al suo match contro Rublev, in prima fila dietro alle panchine. “Non ci lasciavano entrare – chiude –, ma in qualche modo ce l’abbiamo fatta”. Ne è valsa la pena.