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22esima edizione per la manifestazione dedicata alle rappresentative regionali, da sei anni a questa parte passata da Under 14 a Under 12. Per la prima volta si è giocato con la formula a 4 gironi: “Così tutti hanno disputato un sacco di partite”
04 luglio 2021
La Coppa Belardinelli è un altro tassello del grande mosaico tennistico della formazione continua italiana. Sempre, e sempre più, alla ricerca della costruzione del giocatore universale. E così la manifestazione, che era storicamente per under 14 e che da sei anni è per under 12, ha una valenza che va molto oltre i semplici risultati. La fase finale è la punta di iceberg che pensa agli obiettivi di lungo periodo.
Per il primo anno la fase finale giocata nel centro tecnico di Castel di Sangro si è svolta con una formula tutta nuova, fatta a gironi e non più con tabellone a eliminazione diretta. Altra grande novità: quest’anno non c’erano solo le regioni "qualificate" per l’ultimo atto, ma tutte le rappresentative regionali. 20, il che significa che grazie alla quantità e alla qualità dei tanti praticanti non si è più ricorso nemmeno all’accorpamento delle regioni più piccole.
La Val d’Aosta ha corso per sé, non più come costola del Piemonte, per fare soltanto un esempio. Si tratta di un altro grande successo per il movimento. Così le 20 formazioni al via sono state divise in quattro gironi, come succede alle Nitto ATP Finals tutti nominati con i nomi dei grandi campioni. “Adesso abbiamo il piacere di usare i nomi dei nostri grandi campioni, anni fa non avremmo potuto farlo”, suggerisce il direttore dell’ISF Michelangelo Dell’Edera.
Gruppo Berrettini, Gruppo Sinner, Gruppo Sonego e Gruppo Musetti: tutte le squadre in campo tutti i giorni, con uno di riposo per formazione. Dai raggruppamenti, i nomi delle quattro formazioni che si sono giocate le finali per 1°/2° posto e 3°/4° posto. “Lo sforzo organizzativo non è indifferente, in termini di risorse economiche e di persone”, spiega Dell’Edera.
A conti fatti, ogni rappresentatività aveva due capitani, in più in loco c’erano 7 tecnici federali oltre a 20 tirocinanti: il che fa quasi 70 persone al lavoro soltanto per curare l’aspetto prevalentemente tennistico dell’evento. “La Belardinelli nella nostra concezione è una manifestazione prettamente formativa - spiega Dell’Edera - perché i risultati, a questa età, sono puramente indicativi e transitori. Anche queste occasioni devono servire a continuare il processo di formazione dei ragazzi”.
E infatti la decisione di cambiare formula deriva proprio dal perseguimento di un obiettivo specifico: “Il covid ha ridotto drasticamente il numero di partite che i nostri ragazzi hanno potuto giocare negli ultimi mesi e così abbiamo optato per una formula che consentisse a tutti di giocare il più possibile e di vivere a lungo l’atmosfera della fase finale”.
Ma la Belardinelli è la punta dell’iceberg anche perché non vive soltanto, come si potrebbe credere, della settimana conclusiva. “Una volta c’era la fase di qualificazione, adesso invece siccome partecipano tutte le regioni, abbiamo fatto sì che fosse preceduta da una serie di raduni tecnici tematici - racconta il direttore dell’ISF -. In ogni regione, oltre al raduno utile per la selezione e la formazione della squadra, se ne sono tenuti in fase di avvicinamento altri cinque”.
In ognuno di essi si sono approfonditi temi relativi alle cinque grande macro-tipologie di giocatori moderni. “Siamo partiti dal giocatore serve&volley per trattare tematiche relative al gioco al volo e al tennis pro-attivo per poi passare al giocatore attacking player per concentrarci su temi legati al servizio. Poi siamo passati alle tipologie di giocatore contrattaccante da fondo e attaccante da fondo, rispettivamente trattando tematiche legate alla risposta e ai colpi di rimbalzo. Infine, nel raduno dedicato al giocatore completo, abbiamo approfondito temi quali il passante, lo slice, la smorzata e la contro-smorzata”.
Raduni di preparazione che non solo hanno coinvolti i ragazzi, ma pure i genitori. “Partiamo sempre dal presupposto che un genitore vuole sempre il bene del proprio figlio e così abbiamo fatto un lavoro preciso con i nostri preparatori mentali spiegando l’importanza degli obiettivi a lungo termine”. C’è da dire che pure mentre si giocavano le partite e le classifiche dei gironi prendevano una propria fisionomia, il focus non si è mai spostato.
“Per noi quello che è contato davvero è stata l’occasione formativa”, assicura Dell’Edera. “Per questo abbiamo lavorato tanto in questi giorni su aspetti chiave, facendo diversi test fisici, curando e promuovendo una respirazione più consapevole e più funzionale, spingendo a preoccuparsi maggiormente della propria metà-campo e meno di quella avversaria”. Tutti valori che sono fondanti dell’attuale Sistema Italia.
Ma non è finita qui, perché tutti i dettagli contano in un percorso così difficile come quello della crescita di un tennista. “Ogni giorno si sono tenuti dei capitan meeting con i capitani di tutte le rappresentative, in modo che promuovessero sempre la ricerca di un tennis pro-attivo. E nei giorni di riposo che ogni squadra ha avuto, abbiamo organizzato un raduno specifico sul doppio, sull’importanza di giocare ‘insieme’, sui valori fondanti dello sport, della maglia azzurra e dello spirito di squadra”.
Nei ragazzi abbiamo notato una propensione al rispetto dei valori di base, anche morali, che ci fa ben sperare
- Michelangelo Dell'Edera
Anche da questa prospettiva giungono indicazioni interessanti: “Nei ragazzi abbiamo notato una propensione al rispetto dei valori di base, anche morali, che ci fanno davvero ben sperare”. In pura conformità con i valori tanto cari alla persona cui questa manifestazione è dedicata. “Mario Belardinelli ha sempre professato la centralità di essere prima di tutto campioni di se stessi, e poi campioni di tennis”, chiude Dell’Edera. Un’eredità che viene tramandata ogni anno anche dalla coppa che porta il suo nome. E che è molto più di una semplice competizione tra rappresentative regionali.