
Chiudi
Federico a Manerbio senza coach Daniele Silvestre, che non può seguirlo tutte le settimane nel tour: “Sarebbe meglio averlo accanto, ma la tecnologia aiuta tantissimo. Sto trovando continuità e ordine in quello che faccio e i risultati stanno arrivando”
di Gianluca Strocchi | 10 agosto 2019
E’ stato vicinissimo ad uscire di scena all’esordio, al secondo turno, quando ha annullato ben tre match point al francese Fabian Reboul, invece poi Federico Gaio è arrivato all’ultimo atto del challenger di Manerbio, a giocarsi il titolo contro un amico come Paolo Lorenzi. E c’è riuscito grazie ad altre due rimonte, negli ottavi con il croato Nino Serdarusic (in una giornata all’insegna del doppio turno) e in semifinale con l’argentino Federico Coria, dopo un primo set da incubo. Un altro tassello importante nell’operazione di ricostruzione del romagnolo, che sta vivendo un’estate positiva in questa categoria di tornei.
Raggiunto il best ranking due anni e mezzo fa (n.146 Atp), il 27enne di Faenza ha vissuto un momento difficile dopo la conclusione del rapporto con coach Daniele Silvestre. Ora che ha ritrovato il tecnico di Latina i risultati sono tornati. E' numero 177 Atp e con i 48 punti della finale è già certo di salire al numero 161 e, in caso di vittoria, sarà best ranking (144 o 145, dipende dal risultato di Yuichi Sugita al Challenger di Yokkaichi). “Il 2019 è partito in salita, con 6 sconfitte di fila – racconta Gaio – le cose sono cambiate da quando ho ripreso a lavorare con Daniele Silvestre, ad Acapulco. Abbiamo cercato ordine e lo abbiamo trovato. Sarebbe bello vincere il mio primo titolo dell'anno e centrare il best ranking, ma tutto va inserito in un periodo di crescita e continuità. Una cosa è certa: da quando lavoro di nuovo con Daniele sono contento di come vanno le cose. Forse potevo fare meglio negli Slam, ma non mi posso lamentare”.
Silvestre, però, non può seguirlo tutte le settimane e Gaio è a Manerbio da solo. Una differenza impressionante, ad esempio, rispetto al giovane Tseng, che si era presentato con uno staff di tre persone (un coach dell'accademia Mouratoglou, oltre a un preparatore atletico e un fisioterapista taiwanesi). “Beh, lui ha economie e sponsor differenti – sospira Federico – avessi le sue, magari girerei anche con i miei amici! Purtroppo non le ho, ma non mi lamento. Restare da solo è difficile perché da fuori si vede tutto meglio, avere una persona che ti indica un paio di cose nei momenti importanti è un bel vantaggio. A volte può essere uno svantaggio quando le cose vanno male, perché ti piangi addosso e chi è con te diventa una scusa per lamentarsi. Se sei da solo, devi essere propositivo e concentrato. Diciamo che ci sono pro e contro: quasi sempre è meglio avere qualcuno, ma va bene così”.
Anche se l’allenatore fisicamente non è in terra bresciana, tra i due il contatto è costante. Si sentono regolarmente, prima e dopo ogni partita. “In questo aiuta molto lo streaming, ovviamente non è lo stesso che essere presente, ma gli consente di avere un'idea dettagliata su quello che succede. Prima il coach si poteva affidare solo alle sensazioni del giocatore e a qualche statistica, adesso si può vedere tutto. La tecnologia può aiutare tantissimo”, ammette Gaio, che venerdì, concluse le fatiche sul campo, ha accompagnato l'amico-collega argentino Andrea Collarini (appena sconfitto da Lorenzi) all'aeroporto di Malpensa in vista dei prossimi impegni.
Comunque finisca la sua sesta finale a livello challenger, Gaio guarda con fiducia al futuro. “Sono contento del mio periodo di forma. Sto cercando di dare continuità ai risultati e ci sto riuscendo: ho più punti di riferimento, sto mettendo ordine e i risultati stanno arrivando: due finali, tre semifinali e due quarti negli ultimi due mesi sono un buon bottino. In realtà non ho un vero obiettivo per il resto della stagione. Ho bisogno di trovare continuità, è la mia necessità più imminente. Volendo parlare di numeri, ovviamente mi piacerebbe entrare tra i top-100 ATP. Anche raggiungere il best ranking, tutto sommato, vorrebbe dire avvicinarsi al traguardo. Non è impossibile, ne sono convinto, devo aver continuità e adesso mi piace quello che sto facendo”.