
Chiudi
Dopo il titolo conquistato a Manerbio che gli ha fruttato un nuovo best ranking, al numero 145 Atp, il faentino disputa da lunedì le qualificazioni degli US Open: “Da quando sono tornato a lavorare con Daniele Silvestre non ci sono più alti e bassi, ho trovato continuità ed era quel che mi mancava”
di Gianluca Strocchi | 15 agosto 2019
Passerà di sicuro un bel Ferragosto Federico Gaio, che domenica vincendo il challenger di Manerbio – ha lasciato appena quattro game al veterano azzurro Paolo Lorenzi – ha conquistato il primo titolo stagionale (terzo in carriera in questo circuito dopo i trionfi nell’estate 2016 a San Benedetto e Biella) ritoccando il proprio best ranking, con un balzo di 32 posti, sino al numero 145. Niente male davvero come epilogo di una settimana che in terra bresciana era cominciata col brivido: al secondo turno – l’esordio per lui, terza testa di serie – contro il qualificato francese Fabien Reboul il 27enne faentino ha dovuto cancellare tre match point, dopo essersi complicato la vita, commettendo un doppio fallo sulla palla match a suo favore. “In quel momento non immaginavo certo che sarebbe finita così, ma ogni tanto accade persino che un lucky loser vinca il torneo – afferma Gaio – mentre capita spesso che ci siano primi turni molto difficili. Dopo un match del genere non credi certo di vincere il torneo, però ho continuato a pensare a una partita alla volta e questo mi ha portato a vincere”.
Una vittoria colta da solo, visto che il suo allenatore Daniele Silvestre non può seguirlo tutte le settimane, e raggiunta attraverso alcune importanti rimonte, uscendo positivamente anche da un doppio turno nella giornata di venerdì quando i protagonisti sono stati chiamati agli straordinari per recuperare il ritardo causato dalla pioggia. “In quei casi non è facile gestire il tempo tra un match e l'altro, a volte devi mangiare per prendere qualche energia. Quando non c'è molto tempo, qualcuno non stacca la spina e rimane su di giri. Può essere una strategia, perché se ti rilassi troppo capita di non essere carico a sufficienza. Ognuno ha le sue caratteristiche: basti pensare che Nadal si scalda a lungo, mentre Kyrgios scende in campo con le scarpe da basket...”.
Gaio, comunque, è stato in costante contatto con il suo coach, prima e dopo ogni incontro. “In questo aiuta molto lo streaming, ovviamente non è lo stesso che essere presente, ma gli consente di avere un'idea dettagliata su quello che succede. Prima il coach si poteva affidare solo alle sensazioni del giocatore e a qualche statistica, adesso si può vedere tutto. La tecnologia può aiutare tantissimo. Avere una persona che ti indica un paio di cose nei momenti importanti è un bel aiuto. A volte può diventare uno svantaggio quando le cose vanno male, perché ti piangi addosso e chi è con te diventa una scusa per lamentarsi. Se sei da solo, devi essere propositivo e concentrato. Quasi sempre è meglio avere qualcuno, ma va bene così, visto poi come è andata…”.
Già, dopo un inizio d’anno travagliato, adesso Federico può pensare di nuovo positivo. “Il 2019 era partito in salita, con sei sconfitte di fila – racconta Gaio – le cose sono cambiate da quando ho ripreso a lavorare con Daniele Silvestre, ad Acapulco. Abbiamo cercato ordine e lo abbiamo trovato. Sono contento di come vanno le cose: un titolo, una finale, tre semifinali e due quarti negli ultimi due mesi non sono male. Forse potevo fare meglio negli Slam, ma non mi posso lamentare. Un punto di partenza per una nuova carriera? Ne parlavo proprio con il mio coach. Tre anni fa, quando lavoravo con lui, mi ero costruito il best ranking con tre 'fiammate', per citare mio padre, adesso sono di nuovo con lui e lo abbiamo migliorato. Però adesso c'è un percorso diverso, non ci sono più alti e bassi, ho trovato costanza e continuità ed era quel che mi mancava”.
La prova del nove, di quelle toste, arriva subito. Adesso infatti Gaio andrà a New York a cercare fortuna nelle qualificazioni degli US Open, in modo da riscattare le parentesi non felicissime di Melbourne e Parigi. Oltre che per il prestigio, con il loro peso in termini di punti e prize money, gli Slam assumono un'importanza notevole sotto il profilo economico e della classifica.
Dovesse fare bene anche nella Grande Mela allora persino il traguardo della top-100 potrebbe non essere un sogno. Sull’esempio di quanto sono riusciti a fare altri tennisti azzurri non proprio di primo pelo.