Un volantino trovato per caso che lo invitava a provare una lezione di tennis per bambini. La carriera di Salvatore Caruso è cominciata così, per caso, quando aveva appena cinque anni e mezzo. Non fosse stato per quell'offerta oggi avremmo un laureato in più e un tennista italiano in meno nei top 100, traguardo tagliato per la prima volta grazie al successo nel ricco challenger di Barcellona: n.98 per la precisione. E con lui i rappresentanti azzurri nei primi 100 da questa settimana diventano 8: un record. Quel ragazzino siciliano nato e cresciuto ad Avola, paesino di trentamila anime nel siracusano noto per il pregiatissimo vino, convinse, anzi costrinse, suo padre ad accompagnarlo e fu come una folgorazione. "Avola alta, diciamo noi in paese. In realtà è una collina di 600 metri", racconta. La racchetta non l'ha mollata più ed eccolo Sembra una favola, ma è tutto vero. Altroché. E non è un caso, perché il suo 2019 è da incorniciare: la vittoria su Goffin a Phoenix, il terzo turno al Roland Garros dove ha sfidato il numero uno Djokovic sul nuovo "Philippe Chatrier", uno degli stadi da tennis più belli e grandi del mondo, dopo essere partito dalle qualificazioni, la prima semifinale nel circuito maggiore a Umago. "Uno degli obiettivi è entrare tra i primi 100", aveva quasi sussurrato all'ombra della Tour Eiffel quando dopo una carriera da mediano, ode alla fatica di Ligabue, i riflettori si erano acceso su di lui. Detto, fatto. "Una grande soddisfazione, un premio al lavoro e ai sacrifici, alla voglia di non darsi per vinto, alla capacità di non scoraggiarmi quando le cose non filavano per il verso giusto - dice - sono più maturo, lo vedo da come sto gestendo questa stagione, la finale a Barcellona o l'exploit di Parigi. Lo scorso anno probabilmente sarei morto di paura. Ora ho capito che è solo una partita di tennis". Magari ci è arrivato un po' tardi, a 26 anni, ma lui, siciliano fiero delle sue radici, non ha rimpianti.