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A Madrid è tutto pronto per le Finali: 18 nazioni al via, compresa l'Italia, e tanta attesa. Il nuovo format convincerà anche i fautori della tradizione contrari alla rivoluzione? Tra i favorevoli Nadal e Djokovic
di Angelo Mancuso - da Madrid | 16 novembre 2019
Certo, viene meno il fascino della sfide in casa o fuori, ma l'atmosfera che si respira alla Caja Magica è di grande attesa: si deciderà tutto in una settimana e sarà una sorta di campionato del mondo al quale le varie nazioni si sono qualificate tramite dei preliminari giocati a febbraio. Nella fase finale sono previsti sei gironi da tre squadre: saranno promosse ai quarti le prime classificate e le due migliori seconde. Ogni incontro si disputerà al meglio dei tre set (due singoli e un doppio) con tiebreak. Una sconfitta per 3-0 non darà nessun punto alla squadra perdente, ma con un set vinto e un ipotetico risultato di 2-1, la perdente avrà comunque un punto. Questo manterrà alto il livello agonistico per tutto il torneo, limitando il numero di partite noiose o dall'esito scontato e ininfluente. Il montepremi sarà ricchissimo e non è un particolare da poco. I giocatori della nazionale vincitrice si divideranno 2,1 milioni di euro. Alla finalista andranno un milione e mezzo di euro. La partecipazione alla sola fase a gironi garantirà inoltre a ciascuna nazionale circa mezzo milione di euro. Niente male. Ed è inutile e stucchevole speculare sulla potenza dei soldi e delle tv che spingono per eventi brevi e più facilmente commercializzabili. Lo sport è anche business e il mondo va avanti.
I tre set su cinque restano il baluardo degli Slam, anche se c'è chi, leggi Djokovic, non uno qualunque, è pronto a metterli in discussione pure lì. Di sicuro nessuno potrà più battere il primato per il quinto set più lungo nella storia della manifestazione: è il doppio del primo turno del 2013 Berdych-Rosol contro Chiudinelli-Wawrinka, che gli svizzeri hanno perso con un doppio fallo al 13esimo match point per i cechi: 6-4 5-7 6-4 6-7 24-22 dopo 7 ore e due minuti. Poco più del singolare più lungo di ogni epoca. Nei quarti del 2015 l'argentino Leonardo Mayer sconfisse il brasiliano Joao Souza per 7-6 7-6 5-7 5-7 15-13 dopo 6 ore e 43 minuti. Una maratona che ha superato di 21 minuti il memorabile quinto singolare del quarto di finale 1982 fra John McEnroe e Mats Wilander a St.Louis. Una battaglia da 79 game che regalò agli Stati Uniti il 3-2: finì 9-7 6-2 15-17 3-6 8-6. Il solo terzo set durò due ore e 39 minuti. Un’epoca lontana, una Davis ancora più antica in cui il tiebreak non era contemplato: sarebbe stato introdotto in tutti i set, escluso il quinto, solo dal 1989. "A un certo punto, pensavo che non sarebbe finita mai", commentò a caldo SuperMac.
Mille episodi, mille emozioni, match e maratone memorabili, rimonte incredibili, sconfitte inattese e imprevedibili come fantastici exploit. Su un punto, tuttavia, non si discute. La vecchia Davis, è un dato di fatto, aveva parecchie rughe e necessitava di un restyling, di qualche modifica per restituirle credibilità e interesse. Era necessario un calendario che tenesse in maggior conto le necessità dei giocatori più forti costretti fra trasferimenti da un capo all’altro del mondo e con cambi di superficie improbabili. Quante volte è capitato che il campione da eroe nazionale finiva per diventare una sorta di disertore. Tra i sostenitori della nuova Davis un nome di spicco è sicuramente quello di Nadal, che da tempo denuncia l’eccessiva densità del calendario.
Albert Costa, ex tennista e allenatore spagnolo e direttore delle Finali, nonché vincitore di tre Davis, sia da giocatore che da allenatore, difende la nuova formula spiegando le ragioni profonde di questo drastico cambiamento: "Era da tempo che i giocatori consideravano morta questa competizione e chiedevano un cambiamento - dice - ora sono stati accontentati. Il nuovo format li impegna per sole due settimane contro le quattro di prima. Arriveranno a fine stagione più freschi e alcuni di loro possono giocare anche solo la settimana delle finali. Parliamo con i capitani, con le federazioni. Ci confrontiamo spesso con i ragazzi della Next Gen, loro sono molto importanti, sono il futuro del tennis. A tutti spieghiamo il progetto e tutte le novità positive. Credo che dopo la prima edizione la maggior parte dei dubbiosi si convincerà della bontà di questa nuova formula e si entusiasmerà. A Madrid poi si gioca sul veloce indoor, come alle Finals di Londra, da cui i top player possono facilmente arrivare con due ore di volo". E allora basta recriminare e lamentarsi. Che la festa cominci.