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Fabio: “Spero che Flavia torni a giocare”. Successi e flop dei grandi rientri - 4

Prendendo lo spunto dalle parole di Fognini che spera in un rientro della Pennetta nel circuito, andiamo a ripercorrere alcuni grandi rientri della storia del tennis

di | 27 marzo 2020

Us Open del 2015

Flavia Pennetta è stata una delle giocatrici fondamentali nei successi dell’Italia degli Anni 2000 e nel 2015 vinse anche l’Heart Award in Fed Cup

Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”, canta Antonello Venditti in uno dei suoi successi più amati. Flavia Pennetta di nuovo in campo quasi cinque anni dopo il suo ritiro? “Io gliel’ho già detto che un pensierino deve farcelo”, ripete spesso Fabio Fognini. Lo ha detto anche qualche giorno fa dalla sua casa di Arma di Taggia, dove con Flavia, il piccolo Federico e la nuova arrivata Farah in questi terribili giorni dell’emergenza coronavirus. Per il momento è solo un’idea tra marito a moglie. “Ora non c’è una come Serena Williams prima di diventare mamma, che dominava tutto. Ora se la giocano tutte e in tante sono tornate, come Clijsters”, ha aggiunto il ligure. La 38enne brindisina al momento, però, non è tanto convinta: “Devo dire che mi piace molto allenarmi a casa e per il momento mi basta”.
Flavia è uscita di scena da protagonista assoluta nel giorno più importante della sua carriera, quando il 12 settembre 2015 conquistò il titolo agli US Open battendo in una storica finale tutta italiana l’amica di una vita e compagna di squadra nei trionfi in Fed Cup Roberta Vinci. Durante la premiazione stupì il mondo annunciando il ritiro.
Risalire la china dopo esser stati fuori dal tennis che conta è impresa ardua e faticosa. Ci sono riusciti in pochi e in poche nel passato. Chi tornando da infortuni e vicissitudini gravi, chi tornando dalla maternità. Andiamo a ripercorrere alcuni grandi rientri della storia del tennis. Oggi la quarta e ultima puntata.

Thomas Muster

MUSTER: LA VOGLIA DI NON ARRENDERSI

La superficie di Thomas è sempre stata la terra rossa, ma nel 1989 si mise in luce con le semifinali agli Australian Open e l’ingresso nella top ten. Era in forte ascesa quando, dopo aver vinto la semifinale di Miami contro Noah, venne investito da un ubriaco riportando serie lesioni ai legamenti del ginocchio sinistro. Con l’ausilio di una sedia a rotelle speciale volle comunque tenersi in allenamento giocando a tennis per poi rientrare dopo sei mesi. Tra il 1990 e il 1994 conquistò diversi titoli sulla terra centrando nel biennio 1995-1996 un impressionante striscia di 111 vittorie e solo 5 sconfitte su questa superficie. Vinse il Roland Garros nel 1995, suo unico Slam, insieme ad altri 11 titoli, primato di vittorie in una stagione poi eguagliato da Federer. Nel febbraio 1996 raggiunse la prima posizione mondiale. Si è ritirato nel 1999 a 32 anni, ma nel giugno 2010 decise di tornare alle competizioni a 43 anni giocando il circuito dei challenger. Scarsi i risultati: una sola vittoria, contro lo sloveno Borut Pic a Lubiana e otto sconfitte tornando in classifica Atp al n.988. Nel 2011 ha giocato ancora ottenendo di nuovo una sola vittoria a Todi contro Leonardo Mayer, a fronte di ben quattordici ko. Al termine di quella stagione decise di chiudere definitivamente la sua carriera.

AGASSI: IL KID DI LAS VEGAS

Un nome, una garanzia. Ad Andre viene attribuita la frase "credere in me stesso mi fa vincere". Andre nel corso della sua ventennale carriera ha toccato il vertice: 60 titoli e 8 tornei dello Slam in bacheca, restando al primo posto nella classifica Atp per 101 settimane. E’ stato il primo tennista della storia a centrare il Golden Grand Slam, ovvero vincere tutti i titoli dello Slam più l’oro olimpico. Dopo il primo trionfo in uno Slam a Wimbledon nel 1992, poi tra il 1994 e il 1995 torna conquistò altri due titoli dello Slam (US Open e Australian Open), raggiungendo il il numero uno mondiale. Nel 1996 cominciò il declino: l’anno successivo toccò il punto più basso complici i problemi al polso, il matrimonio con Brooke Shields e, come dichiarerà nella sua autobiografia, l’uso anche di metanfetamina. Precipitò fino al numero 141 del ranking, ma nel 1998 ricominciò dai tornei minori e nel 1999 trionfò al Roland Garros a agli US Open, per poi centrare altri tre successi agli Australian Open (2000, 2001 e 2003). Ha detenuto il primato di più vecchio numero uno al mondo fino al 18 febbraio 2018, giorno in cui è stato scavalcato da Federer. Si è ritirato nel 2006 giocando l’ultimo torneo agli US Open, il torneo più amato US Open. Era il 3 settembre e perse al terzo turno sull’Arthur Ashe Stadium contro il tedesco Benjamin Becker: il pubblico lo salutò con una standing ovation lunga molti minuti.

Bjorn Borg capitano dell'Europa alla Laver Cup 2019

Bjorn Borg

BORG: L’UOMO DI GHIACCIO

Uno dei tennisti più vincenti di sempre, simbolo di un’epoca e idolo di migliaia di tifosi e tifose. Borg è stato il più grande campione del periodo romantico del tennis in cui le racchette erano pesanti e fatte di legno. Nella sua carriera ha vinto cinque volte il trofeo di Wimbledon (dal 1976 al 1980), sei volte il Roland Garros (1974-75, 1978-81) e il Masters nel biennio 1979-80. Il suo caratteristico rovescio a due mani, allora costituiva una novità e nessuno aveva la sua velocità di spostamento, la sua capacità di concentrazione e la stessa resistenza negli incontri-maratona. Borg si ritirò nel 1983 a soli 26 anni perché nauseato dai massacranti allenamenti quotidiani. Da allora più nulla, almeno sino alla fine del 1990, quando ormai 34enne, sposato con la cantante italiana Loredana Bertè, annunciò il suo rientro nel circuito e si preparò allenandosi segretamente in Italia con alcuni giocatori locali e con qualche giovane svedese. Stavolta al suo fianco non c’era lo storico coach Lennart Bergelin, ma una sorta di guru del fitness fisico e mentale, il 79enne Ron Thatcher noto come “Tia Honsai”, che Borg chiamava “Il professore”. Grande esperto di discipline Shiatsu, ammise candidamente di non aver mai avuto niente a che fare col tennis ma che, col suo aiuto, Bjorn sarebbe potuto tornare addirittura sul trono di Wimbledon. La sua apparizione a Montecarlo nel 1991 dopo 7 anni di inattività fu invece un tentativo coraggioso, ma destinato alla delusione e allo sconforto di tutti quei fan che avevano ancora impresse nella mente le gesta dell’orso svedese. Vestito di bianco, senza marchi e con la sua vecchia Donnay in legno (completamente dipinta di nero), in un’epoca in cui tutti avevano già abbandonato quel materiale, fu nettamente battuto per 62 63 dall’onesto regolarista spagnolo Jordi Arrese (62 63). Dopo il flop, si prese un altro periodo di tempo per rifinire la preparazione e cercare di adattarsi ad una nuova più moderna racchetta, ma i risultati furono a dir poco fallimentari. Nelle ultime tre apparizioni nel 1993 riuscì quanto meno a portare i match al terzo set e nell’ultimo, quello con Volkov a Mosca, ebbe persino un match-point cedendo al tie break decisivo. San Francisco. Si è scritto tanto sui motivi del suo rientro: qualcuno ha ipotizzato che la spinta fosse di carattere economico, visto che pare avesse dilapidato il suo ingente patrimonio, qualche altro ha invece detto si trattasse solo della voglia di rimettersi in gioco. Comunque sia, una parentesi della quale i suoi ammiratori avrebbero fatto volentieri a meno, ma che intacca solo in minima parte il fascino di un campione entrato a pieno titolo nella leggenda del tennis.
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