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Il 7° titolo challenger in carriera, a Lugano, vale il best ranking e suggella un primo trimestre assai positivo per ‘Wave’, che a Cagliari tornerà a far coppia con Sonego: “Io e Lorenzo siamo come fratelli, sognando un giorno di giocare insieme al mio vero fratellino Matteo...”
di Gianluca Strocchi | 01 aprile 2021
Ritrovarsi senza il compagno di doppio con cui si era preventivato di disputare il torneo, iscriversi all’ultimo momento con un partner inedito e arrivare ad alzare il trofeo. E’ la situazione non del tutto comune vissuta da Andrea Vavassori, che sul cemento indoor di Lugano ha conquistato il suo settimo titolo challenger, con al fianco in questo caso il 36enne tedesco Andre Begemann.
“Avrei dovuto partecipare al torneo svizzero insieme allo spagnolo Vega Hernandez, che però si è infortunato a un piede – spiega il 25enne torinese, che grazie a questo risultato ritoccherà l’attuale best ranking al numero 86 di specialità arrivando a ridosso dei top 80 -. Anche Begemann è rimasto in extremis senza compagno, per cui ci siamo sentiti venerdì sera, poche ore prima della firma per l’iscrizione… Non avevamo mai giocato insieme, solo un paio di volte ci eravamo affrontati da avversari, quindi non ci conoscevamo granché, però fin dai primi allenamenti c’è stata intesa. E’ un bravissimo ragazzo e la sintonia in campo fra noi è stata immediata, durante i match, alcuni tutt’altro che semplici. Siamo arrivati in fondo ed è stata davvero una bella emozione: ci siamo ripromessi di giocare ancora insieme appena sarà possibile. Dal mio punto di vista la soddisfazione è accresciuta dal fatto che dopo mesi in cui avevo disputato praticamente solo eventi ATP, appena tornato a disputare un challenger ho fatto subito centro: è veramente un bel segnale”.
Andrea Vavassori impegnato al servizio
Le foto più belle della notte magica a Melbourne: Italia b. Spagna 2-0
In effetti, lo scorso anno il piemontese che ha per coach papà Davide, maestro di tennis, aveva dovuto attendere dicembre per conquistare un titolo nel circuito challenger, a Maia, in Portogallo, nell’ultimo appuntamento in calendario (in quel caso con il ceco Zdenek Kolar), dopo aver perso in precedenza quattro finali fra prima e dopo lo stop forzato causa pandemia. Ora invece l’acuto nel Canton Ticino arriva a chiudere un primo trimestre assai intenso e ricco di esperienze per ‘Wave’ come è soprannominato dagli amici.
“Il momento è quello che è, purtroppo, a causa del perdurare dell’emergenza coronavirus, però con tutte le precauzioni del caso il circuito va avanti e noi tennisti riusciamo a svolgere la nostra attività, per cui in qualche modo a lavorare… Ho aperto il mio 2021 ad Antalya, facendo semifinale con Salvatore Caruso, poi sono andato in Australia, dove durante le due settimane di quarantena a Melbourne mi sono allenato con Gianluca Mager e quindi ho avuto l’onore di far parte del team di ATP Cup, dove siamo giunti in finale. E anche se sono sceso in campo una sola volta in doppio, mi ha dato veramente tanto stare a contatto quotidiano con campioni come Matteo Berrettini, Fabio Fognini e Simone Bolelli e i loro coach, sia per la possibilità di condividere gli allenamenti che per i legami personali che si sono instaurati tra noi.
Poi gli Australian Open con Sonego, cogliendo la prima vittoria in uno Slam, che è stata una bella iniezione di fiducia. Quindi altri tornei ATP importanti come Doha e Dubai, dove nei quarti siamo arrivati a match-point contro Cabal e Farah, i primi due della classifica mondiale. Di quella prestazione davvero di alto livello ho preso solo gli aspetti positivi, senza recriminazioni per l’occasione sfumata. Il ripensare a quello che poteva essere e non è stato, infatti, rischia poi di condizionarti negli impegni successivi, e invece non è andata così: a Lugano sono arrivato bello carico e consapevole dei miei mezzi”.
Anche perché il fastidioso problema al gomito che lo aveva a lungo condizionato lo scorso anno - un’epitrocleite che non si era risolta neppure con tante terapie e riposo -, limitandolo in particolare nel servizio, pare essere solo un ricordo.
“I dolori sono durati sei mesi, per fortuna grazie alle terapie e agli esercizi che ho svolto nel periodo di off-season il braccio ora non mi dà più problemi e mi sento tranquillo nell’eseguire i colpi d’attacco che fanno parte del mio tennis. Un motivo in più per affermare che il bilancio di questa parte iniziale della stagione è assai positivo. Mi sento migliorato tanto, soprattutto sul piano della tenuta mentale. E dentro di me è cresciuta e si è rafforzata la convinzione che il doppio può regalarmi tanto, anche ai massimi livelli”.
Non a caso, Vavassori è già con le valigie pronte per un altro mese a tamburo battente nel tour in questa specialità, con i primi appuntamenti della stagione su terra: prima tappa Cagliari, per il “Sardegna Open”, dove tornerà a fare coppia con l’amico e coetaneo Sonego (sono nati a sei giorni di distanza l’uno dall’altro, nel maggio 1995), in questi giorni protagonista nel Masters 1000 a Miami, dove ha raggiunto un significativo ottavo di finale.
“Siamo in contatto costante e dalla Florida mi ha fatto i complimenti, anche se a distanza non è uno di molte parole a differenza di quando ti è accanto di persona… Dalla Sardegna mi sposterò a Belgrado, per disputare prima un challenger e poi il torneo ATP con il pachistano Qureshi, altro specialista di notevole esperienza, con cui giocherò pure Estoril. Poi, visto che con la nostra classifica ancora non riusciamo ad entrare in tabellone nei ‘1000’, io e Lorenzo chiederemo la wild card per il Foro Italico, dove nel settembre scorso abbiamo raggiunto i quarti superando Ram-Salisbury e cedendo solo al match tie-break a Peers-Venus. In seguito valuteremo cosa fare per il Roland Garros, se cioè Sonego avrà in programma anche il doppio o no. Il nostro è un rapporto molto forte e stretto, siamo come due fratelli che in campo lottano insieme, dandoci energia a vicenda, sia nei momenti positivi che nelle difficoltà”.
A proposito di fratelli, Andrea ha una dedica speciale per il titolo conquistato a Lugano. “A mio fratello minore Matteo, che è stato con me tutta la settimana ed è stato bellissimo. Ha 16 anni, frequenta la terza liceo, è 2.7 come classifica FIT e vorrebbe seguire le mie orme nel tennis professionistico… Credo gli sia assai utile intanto toccare con mano e poter vivere così da vicino quello che è il nostro ambiente, anche per avere le idee più chiare sul fatto che questa vita faccia o meno per lui. Intanto spero si sia divertito… E sarebbe fantastico un giorno poter giocare insieme il doppio nel circuito: penso non ci sia esperienza più gratificante che far coppia con un fratello e condividere le emozioni che questo sport sa regalare”.
Il team Italy: Vincenzo Santopadre, Simone Bolelli, Matteo Berrettini, Andrea Vavassori e Fabio Fognini
Ma in attesa che il fratellino maturi c’è un altro sogno che Vavassori vorrebbe realizzare, di colore azzurro, a maggior ragione se – come sembra verosimile - sarà proprio Torino ad ospitare il girone di Coppa Davis dell’Italia.
“Non nascondo che per uno come me, sempre affascinato fin da piccolino dalle competizioni a squadre, sarebbe un’esperienza da pelle d’oca, indimenticabile, difendere i colori del proprio Paese e per di più nella mia città natale. Però è giusto essere realisti e in questo momento con ben nove giocatori italiani fra i top 100 del ranking mondiale credo che non verrà convocato più di uno specialista del doppio, quindi Simone Bolelli è il candidato numero uno. Tuttavia posso garantire che ci darò dentro più che posso nei prossimi mesi, anche perché le situazioni a volte cambiano in fretta. E poi se le ATP Finals sono assegnate a Torino per cinque anni, chissà che anche la Davis non possa restare in Piemonte per più di una stagione – l’auspicio finale di Andrea – e quindi avere pure io qualche ulteriore chance per il futuro”.