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Berrettini al Corsera: “Bello aver messo paura a Djokovic”

Matteo a mente fredda racconta le sensazioni della sfida nei quarti del Roland Garros: “Novak si era reso conto che stava rischiando grosso, urlando in quel modo si è liberato dalla tensione. Sinner e Musetti? Fanno impressione e per me rappresentano uno stimolo ulteriore”

11 giugno 2021

Matteo Berrettini (foto Getty Images)

Matteo Berrettini (foto Getty Images)

"Se lo portavo al quinto set si navigava in mare aperto. Non posso dire che sarei stato favorito. Contro Djokovic non lo sei mai. Ma fisicamente stavo bene, forse meglio di lui". In queste parole, rilasciate in un'intervista al Corriere della Sera, il rimpianto neanche troppo grande di Matteo Berrettini dopo l'uscita di scena nei quarti del Roland Garros contro il numero 1 del mondo.

Eppure poteva andare diversamente se non ci fosse stata quell'interruzione (proprio nel miglior momento del romano) dovuta al coprifuoco e alla necessità di permettere agli spettatori di lasciare l'impianto. "Non mi ha fatto bene, questo è certo. Mi ha tolto qualcosa. Prima dell'interruzione, l'inerzia del match era cambiata a mio favore. Al rientro, ero un po' bloccato con le gambe e ho avuto un calo di tensione. Lui invece ha usato il tempo per riorganizzare le idee. Il tennis vive di momenti. Quella sosta ha fatto girare ancora la partita. Potevo vincerla. Da un lato mi fa piacere, dall'altro mi rode", riconosce il giocatore allenato da Vincenzo Santopadre.

La grinta di Matteo Berrettini (foto Getty Images)

Djokovic ha vinto i primi due set, poi Berrettini ha trovato la chiave giusta per metterlo in difficoltà e il serbo, tra urla e un evidente nervosismo, ha faticato a ritrovare se stesso. L'azzurro ammette che non si aspettava una reazione del genere, ma aggiunge: "Mi ha fatto piacere. Significa che ha sentito paura. E sono stato io a mettergliela addosso. Si era reso conto che stava rischiando grosso. Urlando così si è liberato dalla tensione. Il fatto che non ci fosse pubblico e si giocasse nel silenzio ha amplificato l'effetto".

Dopo certe sconfitte si può anche diventare più forti. "La partita con Novak dimostra che il livello per puntare ancora più in alto c'è. Lui ha disputato più di 50 quarti di finale in uno Slam. Io, appena due. Ora comincio la preparazione per Wimbledon. C'è sempre un altro torneo, c'è sempre un'altra possibilità".

Per l'Italtennis è un periodo straordinario, ma a conquistare la scena per adesso sono soprattutto Sinner e Musetti.

"Io ho fatto un percorso diverso. Non sono mai stato un predestinato - fa notare Matteo -. A 18 anni ero ancora molto indietro. Quindi capisco che ci sia tutto questo clamore intorno a loro. Sono ancora più giovani di me, fanno impressione. Per me rappresenta uno stimolo ulteriore. Una sana competizione, per non farmi superare da loro. Ammetto che certe volte me la prendo un po'. Non solo per me. Vedo quello che fa Lorenzo Sonego, e tutti gli altri nostri giocatori, per fortuna ne abbiamo molti, e sembra quasi che non conti nulla. Ma che posso farci, funziona in questo modo, così va la vita".

Il numero 1 azzurro resta comunque Berrettini, lo dice la classifica Atp e questo lo rende "orgoglioso. So chi sono, so che sono partito da lontano, costruendomi pezzo per pezzo. Per me è importante sentire la fiducia delle persone che mi stanno intorno e quella per fortuna non manca. Credo che pure la mia sia una bella storia, anche se non sono entrato nei top 100 a 19 anni, e a quell'età cercavo di farmi strada giocando piccoli tornei in località sperdute dell'Egitto o della Grecia".

Lo Slam che sogna di vincere è "Wimbledon. Ma non è che se vinco Parigi, o New York mi dispiace, sia chiaro. Mi accontenterei volentieri...".
L'avversario peggiore invece è "Nadal sulla terra del Roland Garros. Ma anche Djokovic sul cemento non è una esperienza che consiglio. Per le sue caratteristiche, iniziando dalla risposta al servizio, Novak è il giocatore che mi dà più fastidio".

Berrettini conclude spiegando di avere la sensazione che manchi "ancora un pezzettino. Devo imparare a tenere alti i giri del motore, continuando a investire su me stesso. Quei mostri non sono eterni. Bisogna farsi trovare pronti. E comunque vada, mai smettere di crederci".

Il saluto a fine match tra Matteo Berrettini e Novak Djokovic (foto Getty Images)

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