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Darderi, sparring a Londra "Berrettini modello, Djokovic impressionante"

Luciano Darderi, diciottenne italiano di origine argentina, è alla O2 Arena di Londra come sparring partner dei campioni alle Nitto ATP Finals. In questa intervista ci racconta la sua esperienza, gli allenamenti con Berrettini, Djokovic, Tsitsipas e gli altri, e le ambizioni per il futuro.

di | 21 novembre 2020

Ha vinto tre titoli junior, i Grade I a Cuenca, Asunciòn e Porto Alegre. E' entrato nella top 10 junior. Poi al Challenger di Parma ha ricevuto un messaggio di quelli che fanno la differenza:"Verresti a Londra a fare da sparring partner alle Nitto ATP Finals?". Luciano Darderi, romano di origine argentina, difficilmente dimenticherà il 2020. Il diciottenne azzurro è alla O2 Arena con suo padre, ha avuto modo di allenarsi con Matteo Berrettini, Novak Djokovic, Diego Schwartzman, Stefanos Tsitsipas. Ha imparato tanto in questa settimana, ci racconta in questa intervista resa possibile anche grazie all'aiuto di Valerio Ridolfi che gli cura la comunicazione sui social network.

Come è nata questa possibilità?
"E' nata durante il Challenger di Parma, mi arriva un messaggio dall'ATP, per chiedermi se ero disponibile a fare da sparring alle Finals a Londra".

Sei lì per un giocatore in particolare?
"No, lavoro con chi me lo chiede. Mi sono allenato con Tsitsipas, Schwartzman, Djokovic, Berrettini, con diversi doppisti. Mi alleno con quelli che mi chiamano".

E' un'esperienza da cui puoi imparare tanto
"Sono qui per imparare, per capire tante cose che mi serviranno a diventare professionista. E' un'occasione molto speciale per me e per mio padre, penso che siamo nella strada giusta. Dobbiamo lavorare sodo per ottenere risultati più avanti".

I campioni sono diversi da come te li immaginavi?
"No, alla fine me li immaginavo come sono. Sono sempre molto intensi, sempre concentrati al 100% in ogni minuto di ogni allenamento. E' molto importante per me vederli così da vicino".

Ti hanno dato qualche consiglio in particolare?
"Consigli non tanto, devo dire, perché non ho parlato tanto con loro. Li ho osservati, questo sì. Djokovic, ad esempio, mi ha colpito più di tutti, per l'elasticità, per come arriva sulla palla, per come gioca lungo e quanto è preciso". 

Per te è facile cambiare modo di colpire o le direzioni a seconda delle indicazioni dei top player?
"Non tanto, il tennis è questo, non è una cosa strana per me. In questa settimana, i giocatori mi hanno chiesto cose specifiche. Tsitsipas ad esempio ha voluto che tirassi il dritto inside-out forte a uscire perché avrebbe dovuto giocare con Rublev che lo gioca così. Qualche doppista mi ha chiesto di servire kick a uscire oppure stretto, o di spostarlo nello scambio. Certo, non è sempre facile per esempio cambiare direzione perché la palla ti arriva veloce".

Con questa esperienza hai capito meglio quale è strada per arrivare a quel livello?
"Sicuramente ho capito che fisicamente ho tanto lavoro da fare. Poi loro ad ogni allenamento mettono in campo il 100% sempre, bisogna essere sempre consentrati in ogni allenamento". 

Che rapporto hai con gli altri giovani tennisti italiani?
"Conosco quasi tutti quelli della mia età: Nardi, Musetti, Cobolli, Zeppieri. Quando siamo insieme parliamo sempre, ci troviamo bene insieme. Siamo contenti di giocare un gran tennis per l'età che abbiamo". 

C'è un senso di competizione positiva fra voi?
"Sì, se uno di noi ottiene un risultato positivo ti dà sempre la spinta per pensare che ci puoi riuscire anche tu. Ognuno conosce la sua strada, e vedremo più avanti dove porterà. Ma questa è una cosa molto positiva".

A Londra alleni il tennis dei grandi. Ma il tuo gioco come lo descriveresti?
"Prima il fisico non mi permetteva di essere molto aggressivo, giocavo di difesa. Ora gioco più d'attacco, servizio e dritto. Cerco sempre di spingere e di essere propositivo".

Come sei arrivato al tennis?
"Quando avevo 4-5 anni, mi sono appassionato grazie a mio padre anche se non ha avuto la possibilità di diventare professionista. Non era facile per lui quando è venuto in Italia dall'Argentina. Ha fatto il maestro, ma era molto bravo, ha battuto tanti giocatori numero 200-250 al mondo. E' stato un grande maestro. A 10-12 anni ho vinto un torneo macroarea al L'Aquila, poi ho giocato un torneo under 10 mondiale in Croazia. Ho iniziato a prendere il tennis più seriamente, a cercare di fare il professionista da quando ho 14 anni circa".

A parte il tennis, come trascorri il poco tempo libero che ti rimane?
"Sto con mio fratello, con mio padre, cerco di riposarmi un po', spesso il sabato pomeriggio. Mi piace il reggaeton, guardo film su Netflix poi quando posso cerco di andare al cinema, di stare con i miei amici. Quando vado in Argentina, mi piace andare al mare".

Quanto tempo passi in Argentina, in un anno "normale"?
Negli ultimi 3-4 anni ho passato un mese e mezzo, due al massimo, in Argentina, così vedo anche mia madre che è rimasta lì e solo ogni tanto viene in Italia. Vive sempre a Villa Gesell, dove sono nato [e dove abbondano campi in terra rossa su cui ha ottenuto 67 delle sue 75 vittorie junior, in poco più di 100 partite giocate].

Che tipo di programmazione farai l'anno prossimo?
"Dopo la settimana a Londra avrei voluto andare in Tunisia, ma bisogna mettersi in quarantena. Quindi posso fare una preparazione molto lunga, cerco di prendere il lato positivo di questa pandemia. Diciamo che inizierò al 100% con i Futures, poi proverò a giocare qualche Challenger se avrò la classifica o se la Federazione mi darà qualche wild card".

Tra i top player con cui ti sei allenato a Londra, a chi potesti somigliare di più?
"Sto cercando di spingere, di tirare forte il servizio, tipo Berrettini. Vorrei fare quel tipo di gioco".

Tra Federer, Djokovic e Nadal chi scegli?
"Federer, perché ha più stile di tutti".

Dove ti vedi fra cinque anni?
"Voglio fare le cose bene, un passo alla volta, senza guardare troppo in là. Certo mi piacerebbe tanto entro il 2025 essere almeno una volta a Torino per giocare le ATP Finals".

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