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L'intervistona - Volandri a tutta Davis: il capitano racconta se stesso, la sua squadra e i sogni verso Torino

A Torino (25 - 29 novembre) sarà la prima volta di “Filo” in panchina come capitano della squadra azzurra di Coppa Davis. E il livornese non vede l’ora: "La pressione? E' un privilegio". "L'Italia è fortissima ma il format non lascia margini di errore". "Russia, Spagna e Serbia pericolosissime ma anche gli Usa non scherzano". "Matteo? Uno che si guarda dentro". "Sinner? Più maturo della sua età", "Fognini? Esperinza fondamentale", "Sonego? Un animale da palcoscenico", "Musetti? Grande talento"

di | 04 novembre 2021

Filippo Volandri

Filippo Volandri debutterà a Torino come capitano della squadra azzurra di Coppa Davis che può contare su una delle rose più forti di sempre. Un passato da numero 25 del ranking mondiale, due titoli ATP (St.Polten 2004 e Palermo 2006) ed altre sette finali in singolare, il livornese, quarant’anni compiuti il 5 settembre, dal 2018 ricopre la carica di Direttore Tecnico Nazionale. Incarico al quale ha affiancato dallo scorso gennaio quello di capitano dell’Italdavis.

Filippo, per te sarà una Coppa Davis speciale… Partiamo dall’aspetto più personale: sarà la tua prima volta sulla panchina italiana, e si gioca subito in Italia. Che effetto fa?

"Un effetto pazzesco, è qualcosa di veramente fantastico esordire da capitano in Italia per una Coppa Davis tutta nuova. Soprattutto per me, è veramente molto elettrizzante. Ho la fortuna di avere una squadra composta da giocatori che in tutti questi anni abbiamo aiutato a crescere, a maturare, e questo mi avvantaggia ovviamente nel mio lavoro. Però è qualcosa di veramente spettacolare. Sono stato a Vienna, dove c'erano tutti i ragazzi che sono stati convocati per la Coppa Davis: anche loro sono molto elettrizzati all’idea. Sono molto, molto carichi nonostante stiano tutti attraversando un momento delicato della loro stagione, perché Matteo giocherà le Finals, Jannik sta cercando di raggiungere anche lui questo obiettivo. Quindi i ragazzi sono molto presi dalle competizioni ma sono veramente molto elettrizzati all’idea di giocare - e qualcuno di esordire - in Coppa Davis, ma farlo soprattutto in Italia".

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L’Italia si presenta con una squadra estremamente competitiva, possiamo dire che mai in precedenza c’è stata una "artiglieria pesante" come questa?

"È vero perché ci sono grandissimi giocatori e sono tanti, tutti diversi. Dall’altro lato sono tutti giocatori 'nuovi'. Per molti di loro sarà un esordio, quindi per me il concetto di squadra è un concetto molto importante. È un concetto che stiamo cercando di strutturare, ma non mi aspetto di riuscirci in così poco tempo. Chiaramente è una squadra che guarda al futuro, e che spero nel prossimo futuro possa raggiungere qualcosa di importante. Abbiamo visto l’Italia raggiungere risultati straordinari proprio per il concetto di squadra". 

"Questa è una squadra nuova, molto, ma molto giovane. Probabilmente una squadra così giovane non l’abbiamo mai avuta - capitano compreso - e quindi abbiamo bisogno di tempo per crescere. È una squadra molto ben attrezzata, che poi si può strutturare con il singolo, con il doppio. Teoricamente è vero che si gioca in un’unica sede, un’unica superfice, ma è una squadra competitiva su tutte le superfici. Abbiamo un girone già complicato, perché ci sono gli Stati Uniti per esempio, che secondo me è una delle squadre più forti, soprattutto con questo format e questa superfice indoor. È un team molto forte. Peró ci stiamo attrezzando e stiamo studiando per essere preparati. Questo format non ti consente di sbagliare, e stiamo lavorando per questo".

I cinque azzurri convocati per la Davis a Torino

Sei d’accordo con chi dice che l’Italia è la favorita numero due, dopo la Russia?

"No, perchè ci sono squadre molto forti. Djokovic ha appena confermato che giocherà la Davis: ho parlato con Krajinovic, è assolutamente uno dei suoi obbiettivi. Ci sono tante squadre forti e questa Davis rende tutto più incerto, probabilmente anche tutto più bello e affascinante, peró tutto più incerto perché si giocano due singolari e un doppio all’interno della stessa giornata, due set su tre. Quindi ripeto, non c’è margine di errore, sono tante le squadre forti e secondo me gli Stati Uniti sono una di queste".

Presentaci la squadra azzurra,  descrivi ciascuno dei tuoi giocatori. Partiamo dal numero 1, Matteo Berrettini...

"Matteo è un ragazzo molto intelligente, che si prepara molto, a cui piace pensare a quello che fa e a quello che gli viene detto. Non è solo istintivo, è un  ragazzo che si guarda dentro, e credo che sia la sua qualità migliore".

"Viene sempre fuori in maniera incredibile da momenti complicati, e questo la dice lunga sulla sua maturità. È un giocatore tecnicamente moderno, dotato di un servizio e dritto fuori dal comune, ma non è solo la tecnica la parte migliore di Matteo".

"Ripeto, è un ragazzo molto intelligente che sa che cosa succede  durante le sue partite, le sue giornate e i suoi allenamenti. Quindi è sicuramente un giocatore moderno tecnicamente, ma anche molto strutturato, con uno staff ovviamente importante".

Il servizio di Matteo Berrettini (foto Getty Images)

Jannik Sinner (foto Getty Images)

Sinner?

"Jannik è un ragazzo che sta bruciando le tappe, non sembra che abbia vent’anni, è molto più maturo della sua età. Quello che mi piace di più dal lato tecnico è il fatto che lui riesca sempre a giocare andando davanti, dando una velocità alla palla fuori dal comune".

"Ma quello che forse mi piace ancora di più è che lui vince Anversa, lunedì mattina vola, si allena due volte e il secondo allenamento lo fa alle nove di sera con Zverev. Dedica tutta la sua vita al tennis e queste sono scelte che non sono assolutamente scontate. Questa è la parte che mi piace di più, al di là dell’aspetto tecnico".

Il giocatore che probabilmente conosci di più, per tanti motivi è Fognini...

"Si, Fabio ha iniziato quando io ero già un giocatore, ha esordito in Davis che ero già un titolare, abbiamo condiviso tante esperienze, tante sfide. Adesso io sono dall’altra parte, e quello che mi è piaciuto di più di lui è stata la sua disponibilità al progetto. Che non è un progetto che ruota attorno all’individuo, ma intorno alla squadra. E questo da un giocatore con questa esperienza, che ha fatto così tanto in Davis, non è scontato".

"Fabio sta forse raccogliendo, anche a livello di rislutati, meno di quanto sta seminando, perché si sta comportando - anche nella sua quotidianità - molto bene. Però sarà un elemento importante e fondamentale per una squadra nuova, lui che di sfide di Davis ne ha giocate tantissime".

Fabio Fognini (foto Getty Images)

Lorenzo Sonego

Sonego, che - tra le altre cose - giocherà in casa, nella sua Torino...

"Lorenzo è un ragazzo che puoi mettere dappertutto, perché si trova sempre bene. Questa credo che sia la sua grande qualità. È un animale da palcoscenico, un ragazzo al quale piace competere. Nella partita, nella gara e nelle difficoltà tira fuori il meglio di sé, ha imparato a gestire anche la sua quotidianità, i suoi allenamneti".

"Ha servizio e dritto molto potenti ma ha lavorato sotto tanti altri aspetti. È un ragazzo che fisicamente ha lavorato tantissimo, proprio per colmare quel gap di uno che ha iniziato un po’ più tardi. Gli sono mancate delle esperienze da ragazzo e le ha dovute metabolizzare poi con una realtà che era già quella del professionismo. E' in continua progressione: non si è mai fermato, ha sempre migliorato e questa credo che sia una qualità molto importante".

Il più giovane, Lorenzo Musetti? Fa un po’ impressione, visto che Sinner è giovanissimo, averne uno ancora più giovane...

"Si, Jannik vent’anni, Lorenzo diciannove. Se sembra una convocazione così facile e scontata vi assicuro che per me non lo è stata, ci ho dovuto ragionare tanto sopra ma credo che Lorenzo, soprattutto guardando al futuro, sia un componente molto importante perché può giocare su qualsiasi superfice, sia in singolare che in doppio. Ma essendo così giovane ha bisogno di tempo per fare esperienza, e credo che questa per lui sia un’occasione importantissima".

"È un giocatore dotato di grande talento, un altro di quei ragazzi che sta bruciando le tappe. È dotato di un’ottima mano ma deve imparare a gestire il talento perché a volte diventa controproducente. Però in questo sta studiando con Simone Tartarini, e sta facendo un ottimo lavoro."

"Noi come Federazione siamo di supporto alla crescita dei giocatori insieme ai loro allenatori e al loro staff. E credo che insieme stiamo raggiungendo obbiettivi veramente importanti".

La demi-volée di diritto di Lorenzo Musetti (foto Getty Images)

Il capitano di Coppa Davis Filippo Volandri (foto Sposito)

E capitan Volandri? Come lo descrivi?

"È un capitano che sta studiando tanto, perché non è scontato aver fatto il giocatore, poi diventare allenatore e addirittura direttore tecnico di un settore di una federazione. Non è scontato essere pronto a fare il capitano. Come in tutte le mie cose sono uno che vuole arrivare preparato, per questo studio, mi aggiorno. Ho bisogno di vedere tennis giocato di alto livello: sono stato a New York e sto girando tanto".

"Però per me il concetto di squadra è veramente fondamentale. Lavoreremo tanto su questo, sull’approccio mentale a una competizione di squadra in uno sport che è forse il più individuale che c’è. E anche questo non è scontato, quindi cercheremo di preparare, di dare gli strumenti ai ragazzi per potersi confrontare in una competizione così importante come è la Davis. Speriamo, incrociamo le dita, ma la fortuna è una piccolissima parte di tutto un lavoro strutturato che c’è dietro".

Hai parlato spesso di gruppo, il senso della squadra. In questa estate magica dello sport italiano, a partire dagli Europei di calcio, passando per il ciclismo, le Olimpiadi anche, la 4x100, gli italiani sono sempre stati piuttosto attenti a questo aspetto. Quanto è importante la squadra, quel supportarsi, magari quando uno è un po’ in difficoltà. Anche la squadra di Fed Cup negli anni passati lo la dimostrato.

"Si è vero e Corrado Barazzutti ha fatto un lavoro straordinario proprio in questo, e soprattutto con le ragazze. Stiamo cercando di dare un senso di appartenenza a uno sport realmente individuale: non è scontato, ma quello che fa vincere un trofeo è il senso di appartenenza. I grandi professionisti  fanno risultati, peró se vuoi alzare la Coppa serve assolutamente anche quello e su questo stiamo lavorando. Ed è per questo che dico che abbiamo bisogno di un po’ di tempo, proprio  perché sono  giocatori nuovi, è la primissima esperienza per alcuni di loro".

"Ma il mix di giocatori di esperienza come Fabio, giocatori così importanti come Matteo, giocatori che riescono a vivere con semplicità il professionismo come Sonego e giocatori così giovani come Lorenzo e Jannick credo che sia un bel mix. Va amalgamato, ci vuole tempo, peró non credo che nessuno ci stia rincorrendo, al di là del fatto che vogliamo fare bene e farlo da subito. La squadra è importante e cercheremo assolutanente di tirar fuori il 110%".

Torniamo al gruppo dell’Italia. Hai già parlato degli Stati Uniti, peró un po’ più in generale. Quali sono le insidie che nascondono le sfide, prima con la Colombia e poi con gli USA?

"Con la Colombia ovviamente dovremmo cercare di non arrivare al doppio, e se così dovesse essere di essere molto preparati. Hanno una delle coppie più forti del mondo e sappiamo quanto il doppio sia importante perché vale tanto quanto un singolare. Galán è il giocatore di punta, ed è cresciuto tantissimo negli ultimi due anni, sulla superfice rapida può giocare molto bene e quindi comunque un giocatore da prendere con le molle, assolutamente".

"Gli Stati Uniti sono una squadra molto completa, perche hanno giocatori come Isner e Opelka. Soprattutto su una superfice rapida indoor sono atleti sopra i due metri, giocatori complicati per chiunque. Schiereranno Sock e Ram per il doppio: il primo ha disputato le Finals in doppio svariate volte, quindi è molto pericoloso. È una competizione da dentro o fuori, non si può sbagliare e cercheremo di non farlo. Peró sono squadre tutte temibili, altrimenti non sarebbero alle Finals della Davis".

Quale sarà a tuo avviso la sorpresa - squadra o giocatore - di queste Finals di Davis?

"Ovviamente la Spagna, che nessuno adesso sta 'considerando' perché non ci sarà Nadal: è una squadra da non sottovalutare. Dipenderà molto da come arriveranno i giocatori a fine stagione. Le ultime settimane faranno la differenza, perché tanti giocatori, tutti quelli forti, saranno impegnati a Bercy e poi forse a Stoccolma, e poi alle Nitto ATP Finals. Quindi sicuramente saranno settimane molto impegnative a livello psicologico oltre che fisico".

"La Serbia, considerando che Djokovic si è preso una bella pausa, è un’altra squadra molto forte, perché Nole è il numero uno del mondo indiscusso in questo momento, e arriverà anche molto fresco. Ci sono tante ottime squadre. Noi speriamo - visto che siamo sí una squadra attrezzata, ma in Davis negli ultimi venti anni non abbiamo fatto risultati pazzeschi - di essere all’inizio una sorpresa e poi una realtà".

La stagione è lunga, lo hai detto, l’aspetto psicologico è importantissimo, Non so se hai avuto modo di guardare il documentario di Mardy Fish su Netflix, ma ti volevo chiedere come la nazionale italiana, e più in generale il tennis in questo momento, sta affrontando anche il tema piuttosto importante e delicato della salute mentale?

"È un aspetto in cui io credo tantissimo. Noi strutturiamo molto i giocatori per essere pronti nel momento in cui si viene sottoposti a pressioni importanti. Noi stessi, io ma tutto il mio staff, lavoriamo con degli psicologi e dei preparatori mentali perché anche il nostro lavoro ha bisogno di questo tipo di supporto. Una parte che vent’anni fa sembrava un po’ una chimera: avrei voluto avere tutta questa struttura quando giocavo io. Purtroppo la figura del coach faceva un po’ tutto: l’allenatore, il preparatore atletico a volte, lo psicologo, a volte il padre o il migliore amico. Ma io credo che ognuno si debba specializzare in un settore e che tutte queste consulenze facciano realmente la differenza".

"È vero, facciamo lo sport più bello del mondo, facciamo il lavoro più bello del mondo se così lo vogliamo chiamare, ma siamo sottoposti a pressione, soprattuto in un’era come questa del COVID dove già soltanto prendere un aereo è complicato, così come passare da una bolla all’altra. La vita non è così facile. Però poi ci guardiamo intorno, vediamo che ci sono persone che stanno veramente molto peggio di noi quindi dobbiamo ritenerci assolutamente fortunati. Uno perché lavoriamo, e due perché ripeto, almeno per quanto mi riguarda, facciamo il lavoro più bello del mondo".

Hai vissuto le emozioni della Davis anche sulla tua pelle, i brividi che si provano quando si scende in campo. Se dovesse arrivare un extraterreste e ti chiedesse perché la Davis è così speciale cosa risponderesti?

"Quando vai in campo giochi realmente per la tua nazione, quindi la responsabilità diventa maggiore. Noi diciamo sempre che un weekend di Davis è come due se non tre settimane di tornei importanti, proprio perché si ha uno stress diverso".

"Sotto questo aspetto, meno male che le Davis Finals sono l'ultimo appuntamento della stagione: almeno c’è il tempo per recuperare e riprogrammare, allenersi ed essere pronti per la stagione successiva. Però è vero, ti da delle sensazioni diverse, un'adrenalina diversa, giochi per la tua bandiera e questo ti dà delle responsabilità e delle pressioni in più".

Hai esordito nel 2001 e hai giocato in Davis per 9 anni. Una delle più belle giornate della tua carriera in azzurro è stata proprio al Foro Italico contro Ivaniševic....

"Decisamente sí! Dall’esordio sono già passati un sacco di anni, vuol dire che sto invecchiando.... Ma è un gran ricordo: il sogno nel cassetto di ogni bambino è giocare in Davis. Per me averlo fatto esordendo a Foro, un posto speciale, contro un giocatore speciale - aveva vinto Wimbledon ed era tra i primi 15 al mondo - ha avuto un sapore tutto diverso. In questo sono stato molto fortunato. Ero un ragazzino ma ho imparato tantissimo da quell’esperienza: una partita in cinque set che non dimenticherò mai. E spero che sia così anche per tutti i ragazzi che esordiranno quest’anno in Davis".

La stagione non è finita, anzi, mancano degli appuntamenti importantissimi, però raccontaci dal tuo punto di vista, questo 2021 degli italiani. Cos'è accaduto qest’anno? Si sono vissute storie incredibili che, fino a qualche anno, fa se ce l’avessero detto non avremmo di sicuro creduto possibili....

"Nemmeno noi del settore, che lavoravamo per questo, potevamo immaginare un'annata così. Oggettivamente stavamo lavorando, stavamo creando un modello e un metodo, ma non pensavamo di raggiungere così tanti risultati. Ovviamente il merito è assolutamente dei ragazzi, dei loro allenatori, e forse anche un po’ nostro che gli abbiamo dato sostegno e una struttura per per crescere. Abbiamo raggiunto finali Masters 1000, finali Slam, risultati veramente importanti. All’inizio lavoravamo per portare un giocatore alle Finals di Londra, ci siamo riusciti con Matteo. Però poi organizzandole in Italia abbiamo detto: ok, dobbiamo stringere i denti, portarne uno anche in Italia. E Matteo è arrivato. Rischiamo di portarne due con Jannik, ma al di là di quello che succederà quest'anno si lavora anche per il futuro. Siamo partiti cinque anni fa con tante cose da fare e le abbiamo fatte. Abbiamo stretto alleanze con i settori privati, abbiamo aiutato i ragazzi a crescere. Gli atleti sono tornati fidarsi di noi, e adesso chiedono la nostra presenza e questa è la parte che ci inorgoglisce di più. Ovvio che non sono da solo, siamo un gruppo, siamo un team, abbiamo una Federazione alle spalle cha ha creduto nel progetto e ci ha supportato in questo. È il lavoro di tutti, però la parte che mi piace di più, la parola che mi piace di più è collaborazione". 

Chi è stata la tua grande leggenda della Coppa Davis, se dovessi dire un nome solamente?

"Nadal su tutti. Rafa secondo me è un giocatore che, nonostante sia stato un tennista incredibile, pazzesco, in Davis si sia messo sempre in discussione e ha fatto tanta differenza, nonstante fosse già numero 1 del mondo, avesse vinto già tantissimo. E credo che sia questo l’importante. Anche Federer e Wawrinka, che avevano un tipo di rapporto nel circuito, in Davis ne avevano totalmente un’altro, quindi si sono messi a disposizione della bandiera per cercare di raggiungere l’obbiettivo. Credo che questi siano dei grandissimi  esempi per tutti noi".

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Avrai tantissima pressione sulle spalle anche tu da capitano. Come si gestisce una pressione di questo genere?

"Come un privilegio, questo è poco ma sicuro. Ovviamente se io sono qui è perché probabilmente me lo merito, perché ho lavorato tanto, e quindi lo reputo assolutamente un privilegio. È ovvio che va gestito, e non è scontato. Peró ripeto, avendo una squadra alle spalle così importante, avendo una struttura che mi consente avere gli strumenti per poterla gestire sono molto sereno. Una parte che mi aiuta anche tanto è l’avere una relazione con questi giocatori ormai da tanti anni, al di là della prima volta in cui mi siederò in panchina con loro. Questo sicuramente mi aiuta".

Si sta per chiudere una stagione sportiva italiana molto particolare: soprattutto l’estate è stata davvero magica per l’Italia. Qual’è stato il momento che ti ha emozionato di più?

"Sceglierne uno è complicato, però sicuramente i ragazzi dell’Europeo di calcio. Tra loro, anche Spinazzola ci ha insegnato tantissimo su come sentirsi parte della squadra. Per quanto riguarda noi, vedere un giocatore così giovane come Jannik in una finale Masters 1000, vedere Matteo in finale a Wimbledon. Vedere Sonego arrivare in semifinale agli Internazionali d’Italia - io ero stato l’ultimo italiano a riuscirci a Roma - mi ha lasciato tanta emozione. C’è una foto per me importante di un abbraccio con Lorenzo perché c’è quasi un passaggio di consegne, guardando al futuro. Sono tante le emozioni che abbiamo vissuto quest’anno, e speriamo che non siano le ultime, anzi che se ne possano vivere ancora tante altre perché ripeto, la stagione del tennis a novembre è ancora lunga...".

Fai un appello ai tifosi… perché dovrebbero venire a Torino a tifare per l‘Italia?

"Perché loro, come noi, sono una parte importante della squadra. Io credo che una squadra non siano soltanto i giocatori, ma gli staff che ci sono dietro, i giornalisti e soprattutto i tifosi. Se noi raggiungiamo degli obbiettivi è perché il movimento sta crescendo e perché sentiamo la spinta del movimento. Quindi io reputo che la parte del pubblico sia molto importante, per questo siamo molto fortunati a giocare la prima fase a Torino. Mi aspetto che ci sia il pubblico delle grandi occasioni, perché lo vediamo quotidianamante parlare di tennis anche al bar, cosa che prima non succedeva, quindi c’è un grandissimo seguito anche per i non super appassionati o i grandi intenditori. E questo credo che faccia assolutamente la differenza"..

Hai mai incontrato Mardy Fish - il capitano degli Stati Uniti - quando eravate entrambi in attività?

"Certo, siamo quasi cresciuti insieme. Non ci sono tanti anni di differenza tra noi due. È la persona con cui vorrei lavorare, perche lo conosco e non solo come tennista. È proprio una bella persona, uno intelligente, uno che vorrei avere nel mio team".

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Hai praticato altri sport oltre al tennis?

"Calcio e pallacanestro. Vengo da una famiglia di cestisti, alla fine ho scelto il tennis perché mia sorella ci giocava prima di me. Ho seguito le sue orme, però ho fatto tanti altri sport ed è stato fondamentale per la mia crescita".

Hai degli animali domestici? Se sí, come si chiamano?

"Abbiamo sempre avuti cani. Adesso però no perché avendo due figli e essendo sempre in giro mia moglie potrebbe impazzire ancora di più".

Quali sono i tuoi hobbies preferiti quando riesci ad avere tempo libero?

"Bella domanda, avere tempo libero… In questo momento ovviamente al di là del lavoro c’è la famiglia e mi ci dedico h24 quando non sono in giro per tornei o per il mio lavoro. Mi piace il paddle, che è uno sport che sta venedo fuori, sta crescendo tantissimo in questo momento. Mi piaciono gli sport in generale. Mi piace stare al passo con i tempi e guardo i documentari, di Mardy Fish come di Jordan. È ovvio che mi servirebbero le giornate di 48 ore, ancora non le hanno inventate, quindi mi devo organizzar bene. Però io reputo che in questo momento la mia famiglia sia una parte importantissima".

Hai un libro preferito?

"Mi piace Paulo Coelho, non per un libro in particolare, mi piace come scrive e imparo molto da lui. Se ne dovessi citare uno direi L’alchimista".

Qual’è il tuo cantante o la tua band preferita? La tua canzone preferita - che ci devi cantare, ovviamente!

"Sul cantare potrei avere qualche difficlotà…. Una canzone che mi ha sempre accompagnato è We Will Rock You dei Queen. Una che mi colpisce nel profondo è Meraviglioso amore mio di Arisa perchè è una canzone che mi lega alla famiglia, a quello che io e mia moglie abbiamo costruito assieme. Quindi c’è più di una colonna sonora, e spero di poterne iniziare un’altra proprio da novembre".

Qual’è il tuo idolo sportivo? E perché? 

"Sono cresciuto con l’idea di Edberg come icona del tennis ma non solo del tennis. È ovvio che non c’entro niente con lui, perché avevo delle caratteristiche tecniche completamente diverse, però il modo in cui lui approcciava lo sport mi ha sempre affascinato. E Paolo Maldini. Vengo da Livorno e sono un tifoso anche del Milan: per me lui è sempre stato la bandiera. Quindi anche questo è un esempio che col tempo ho anche imparato a conoscere personalmente, e che ammiro molto".

Qual’è il momento più bello che hai vissuo con la racchetta in mano?

"Troppo facile. Semifinale degli Internazionali d'Italia, passando per la vittoria con Federer. E' sicuramente in carriera quello che mi ricordo con più orgoglio, perché c’era tanto lavoro dietro e battevo il numero 1 del mondo. E lo facevo a Roma: quindi si erano incastrate tutte le tessere del puzzle in maniera perfetta".

Come ti descriveresti a coloro che non ti conoscono bene?

"Aiuto! Sono puntiglioso, sono preciso, mi piace arrivare preparato e organizzato. Odio essere impreparato, e questo mi porta talvolta a essere molto, troppo severo con me stesso. Però ci sto lavorando. Ti assicuro che anche a quarant’anni si può migliorare e si può lavorare su noi stessi. Io ci sto provando".

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