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A 28 anni, il milanese non ha smesso di crederci. Il titolo giunto una settimana fa al Cairo (15 mila dollari, terra) lo lancia verso un 2021 che potrebbe vederlo protagonista. Tutto questo dopo un 2020 segnato dalla pandemia, nel quale è già tornata utile la laurea in fisioterapia...
19 gennaio 2021
Ventotto anni, numero 355 Atp come best ranking, una laurea (in fisioterapia) nel cassetto e tanto sale in zucca. Che serve fuori dal campo, ma pure dentro. Fabrizio Ornago non ha smesso di credere al fatto di poterci arrivare, lassù, dove si giocano gli Slam e dove non bisogna lottare con i denti per prendersi un misero punticino. Non ha smesso nonostante l'età non sia più quella di una promessa, e nonostante le possibilità di cambiare vita – considerati i suoi studi e il suo curriculum – siano concrete e interessanti.
Originario di Gorgonzola, nel Milanese, Fabrizio è stato il primo italiano a vincere un torneo nel 2021: è accaduto al Cairo, un 15 mila dollari sulla terra in Egitto, dove tra semifinale e finale il nostro è rimasto in campo quasi sette ore: 3 ore e 19 per battere (in rimonta) il corregionale Simone Roncalli, 3 ore e 32 per avere la meglio nel match decisivo sullo spagnolo Jose Vidal Azorin. È il sesto titolo in carriera, per Ornago, il primo dal 2019.
Fabrizio Ornago colpisce di rovescio
Del resto parlare di tennis, nel 2020, per un ragazzo che vive in mezzo alla regione più devastata dalla pandemia, era uno sforzo difficile anche da immaginare. Ha ripreso appena ha potuto, Fabrizio, ma mentre era fermo per il lockdown ha pensato che non era il caso di aspettare e basta: ha pensato di dare una mano come poteva, come doveva, aiutando nella fisioterapia (che in fin dei conti è la sua materia e sarà il suo futuro lavoro) alcuni pazienti del San Raffaele di Milano. Nel mentre, viveva – con le dovute precauzioni – a casa della nonna, la persona che più di ogni altra l'ha indirizzato al mondo del tennis. Quel mondo che in ogni caso continua e continuerà a fare parte della sua esistenza.
Tecnicamente Fabrizio è diventato un giocatore completo, attraverso il lavoro fatto coi vari tecnici che lo hanno seguito: dall'italo-argentino Marcelo Charpentier a Davide Recchia, fino a Mauro Capocchi e Andrea Saliu. Non è uno che spacca gli avversari in due colpi, e per questo preferisce la terra al duro o al veloce; ha il diritto più efficace del rovescio e ancora tanti aspetti su cui può aspettarsi progressi, come tutte le persone intelligenti possono fare in ogni momento della loro vita.
Per non lasciare nulla al caso, si è preso anche l'aiuto di una mental coach, Elena Uberti, che lo ha seguito cercando di limare i dettagli più spigolosi di quelle problematiche che sono inevitabili per chi gioca a lungo ad alto livello.
Non si è mai risparmiato, Ornago. Non nello studio, arrivando presto a prendere quel 'pezzo di carta' che gli ha garantito sin da subito il piano B, e con questo una certa tranquillità nell'affrontare il percorso da professionista con racchetta nel borsone. Non nel cammino dentro il circuito. Europa, America, Africa, Asia: da Fabrizio si potrebbero ascoltare per ore storie su quel circuito minore del tennis che è una miniera di esperienze e di aneddoti.
E che è una fonte di punti (pochi, ma utili) per restare a galla e garantire la prosecuzione di quella speranza chiamata Slam, Tour maggiore. L'età media che si sposta sempre un po' in avanti di anno in anno lascia più di una speranza di poter arrivare. Magari aggiungendo poi con la sua gentilezza innata una frase del tipo 'scusate il ritardo'.
O in fondo no, non ce ne sarebbe nemmeno bisogno. Ornago non ha mai avuto addosso l'etichetta di promessa, da lui non ci si attendevano prestazioni clamorose. Però lui è sempre affidabile, sempre pronto tanto nei tornei individuali, quanto nelle prove a squadre: serie A, B, cambia poco.
Paradossalmente, il suo primo incontro nel 2020 – dopo sette sconfitte al primo turno – è arrivato a Sofia, Atp 250 sul rapido indoor, dove il sogno si è interrotto al secondo ostacolo per mano di un ex campione come il serbo Viktor Troicki. Dopodiché Fabrizio ha spostato la sua base al Cairo, una delle località che ospitano tornei più o meno dall'inizio alla fine dell'anno. Stare lontano da casa non gli pesa, non gli pesano i sacrifici di tornei dove quando ti va davvero ma davvero bene finisci in pari.
Non gli pesa il fatto che quando vinci un match, nella giungla di quelli che fino a poco tempo fa chiamavano Futures, resti ugualmente lontano anni luce dal tuo traguardo. Nulla gli pesa perché ci crede ancora, sempre e comunque. E se proprio non ce la farà, ad arrivare lassù, avrà comunque un altro sogno già avviato da poter coltivare: aiutare qualcuno dei suoi colleghi, attraverso la fisioterapia, a diventare un giocatore migliore.