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In una lunga intervista a Supertennis, prime parole della nuova guida azzurra di Coppa Davis, nominato al posto di Corrado Barazzutti. "Il mio sogno da bambino arrivare sin qui"
24 gennaio 2021
Emozione e orgoglio. Il primo passo ufficiale di Filippo Volandri da nuovo capitano azzurro di Coppa Davis è negli studi di Supertennis, la tv della FIT, che ha raccolto le impressioni dell’ex n.25 del mondo, già Direttore Tecnico nazionale dal 2018. Una svolta epocale per l’Italia di Davis, che nei primi 20 anni del nuovo millennio, era stata targata Corrado Barazzutti, subentrato nel 2001 a Paolo Bertolucci.
“E’ un onore e una responsabilità incredibile dopo aver già preso in mano negli ultimi anni il settore tecnico arrivare a questo risultato – esordisce Volandri - Sono molto contento ed emozionato, c’è tanto lavoro da fare. Un grande ringraziamento va a Corrado Barazzutti per il lavoro straordinario fatto in questi 20 anni. Lui è stato il capitano che mi ha fatto esordire in Coppa Davis. Quando un bambino inizia a giocare a tennis, ha sempre un sogno nel cassetto. Io più che uno Slam avevo nel cuore gli Internazionali d’Italia e ovviamente la maglia azzurra. Ho avuto la fortuna di indossarla per tanti anni, ma non pensavo addirittura di arrivare ad diventarne il capitano. Ciò mi rende molto orgoglioso perché vuol dire che in questi quattro anni di dirigenza tecnica abbiamo dimostrato che il lavoro è quello giusto e ringrazio la Federazione per avermi dato questa grande opportunità”.
Una vita dedicata al tennis quella di Filippo Volandri, dai primi passi al Tennis Club Livorno fino alla panchina azzurra. “Sono cresciuto sui campi e il pensiero va proprio ai bambini che iniziano con il sogno di vestire la maglia azzurra. Io vengo proprio da quel mondo, dal settore giovanile, e voglio far sì che non sia solo un sogno, ma che possa diventare realtà. Ovviamente non sono solo, ho un gruppo che mi sta accompagnando da quattro anni nel Settore Tecnico ed è lo stesso team che sarà a disposizione della squadra di Coppa Davis. In uno sport individuale per me è importante trasmettere un senso di appartenenza, e la coppa Davis è il modo migliore”.
Scorrono le immagini della grande carriera di SuperPippo Volandri. Nove finali e due titoli ATP, il numero 25 del ranking. La perla resta la splendida semifinale al Foro Italico nel 2007 dopo aver battuto il numero 1 al mondo, Roger Federer. Il giro di campo per raccogliere l’abbraccio dei 10 mila del Centrale. “Il mio sogno era vincere gli Internazionali. Non ci sono andato tanto lontano e il clima di quel giorno nel Centrale gremito lo vorrei ritrovare nei campi dove andremo a giocare la Coppa Davis. C’è bisogno di coinvolgere tutti, dai bambini fino all’amatore 70enne, vorrei che tutti facessero parte di questa squadra”.
La maglia azzurra, una seconda pelle per il 39enne di Livorno. Il debutto a 19 anni in Finlandia, poi l’impresa, neanche a dirlo al Foro Italico, contro Goran Ivanisevic in un’indimenticabile Italia-Croazia. Emozioni impossibili da rimuovere. “Era una sensazione incredibile. Dopo la Coppa Davis ci sentivamo svuotati, perché era per noi a livello emotivo e di responsabilità una settimana che valeva come quattro settimane di circuito. Averne fatto parte per così tanti anni penso possa aiutarmi a gestire la squadra – continua Volandri che di esperienza, anche col borsone dell’Italia, ne ha messa a chili da parte – In Davis la classifica conta relativamente. Ricordo la trasferta in Zimbabwe, uno dei momenti più difficili che abbiamo vissuto. Io ero il numero 1 d’Italia, si giocava a duemila metri ed il campo era velocissimo. Conta molto l’adattabilità dei giocatori alle varie superfici. Oggi il tennis è cambiato tanto. Non ci sono più gli specialisti come all’epoca, adesso i giocatori sanno esprimersi a 360 gradi su tutte le superfici. Anche il format è molto diverso, i giocatori non vengono impegnati tutto l’anno. Si gioca molto meno in Nazionale, con partite non più al meglio dei cinque set. Per questo abbiamo bisogno di strumenti nuovi e all’avanguardia per gestire questa nuova situazione”.
Si volta pagina dopo il ventennio Barazzutti. “E’ un’eredità importante da raccogliere, dove il gruppo ha fatto la differenza, anche in Fed Cup. Vogliamo ripartire da lì con le modernità che il tennis di oggi ci mette a disposizione, con i nostri consulenti specializzati che ci aiutano nel settore tecnico nella crescita dei giovani talenti e ci aiuteranno sicuramente anche in Davis. Abbiamo una squadra al servizio della squadra”.
Un nuovo ciclo da avviare mixando tradizione, esperienza e giovani talenti. C’è molto fermento attorno ai nostri giocatori e la pressione inevitabilmente cresce di pari passo con le aspettative. “Serve un lavoro di gruppo, con il team e con gli allenatori che gestiscono i giocatori tutto l’anno. Credo debbano essere una parte di una squadra ancor più allargata. E’ vero, c’è pressione ma è anche vero che è divisa tra tanti giocatori. Berrettini, ad esempio, pur essendo il numero 10 al mondo, non ha tutti i riflettori puntati addosso, perché alle sue spalle ci sono tanti giovani altrettanto forti che stanno venendo fuori velocemente. E questo credo sia un bene per tutti. Personalmente mi sentivo un po’ solo quando ho iniziato la scalata al ranking, cosa che non succede oggi. Lo stesso Sinner mi ha raccontato di essere sollevato che non si parli soltanto di lui, perché così può lavorare più in serenità. Una competitività sana fa si che i risultati portino altri risultati”.
Il primo esame per il nuovo corso Volandri saranno le Davis Cup Finals di novembre, grazie alla qualificazione ottenuta dall’Italia di Barazzutti nel marzo scorso contro la Corea del Sud prima del lockdown e dell’annullamento delle Finali di Madrid 2020. Azzurri inseriti nel Gruppo E con Stati Uniti e Colombia. “Andremo senza rodaggio, ma è bello. Ci carica di adrenalina e responsabilità. E’ una squadra con tanti giovani, avremo bisogno di tempo ma ci toglieremo grandi soddisfazioni. La parola chiave è “collaborazione”. Abbiamo iniziato a lavorare strettamente con il settore privato. Berrettini e Sonego sono stati gli apripista in queste grandi collaborazioni dove il Settore Tecnico è andato con le proprie consulenze ad aiutare la crescita del giocatore e anche dello stesso allenatore, come nel caso di Vincenzo Santopadre, che non avevano la disponibilità per poter arrivare a queste grandi consulenze. Le ha messe a disposizione la Federazione dal punto di vista tecnico, fisico e investendo tanto sui tornei, organizzando Future e Challenger per dare l’opportunità a tanti giovani dii giocare praticamente ogni settimana. C’è un lavoro a 360 gradi, dove vengono curati nel dettaglio l’aspetto mentale e la statistica".
Berrettini, Fognini, Sonego, Sinner, Musetti sono la punta dell’iceberg emerso. In attesa che la marea azzurra riveli nuovi gioielli. “Nel Settore Giovanile facciamo un lavoro di sinergia. L’Istituto di Formazione con Michelangelo Dell’Edera parte sin da quando sono bambini, accompagnandoli nella crescita senza sradicarli da casa. Un percorso che parte dai primi anni con la racchetta fino ad arrivare al professionismo. Un gioco di squadra che è il nostro filo conduttore. Senza cantare vittoria troppo presto, possiamo dire che le cose stanno andando decisamente bene, anche più velocemente di quanto ci aspettassimo”.
Il grande passo di Volandri, dal Settore Giovanile al confronto con i vertici del tennis mondiale. “C’è tanto lavoro ancora da fare. Non bisogna mai smettere di studiare, non si finisce mai di imparare. Ho la fortuna di avere persone al mio fianco che mi stanno insegnando tanto. Abbiamo bisogno di capire l’evoluzione dei big e per farlo ho una grande squadra alle spalle”. Parola di capitano.