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Le chiamano ultramaratone, e sono riservate a quanti hanno fatto di fatica e resilienza una filosofia di vita. Marco Boffo, rivelazione della stagione di terza del Grand Prix Trentino, non è solo un ottimo tennista ma uno dei maggiori interpreti italiani delle corse sulle lunghe distanze
di Luca Avancini | 09 agosto 2019
Qualcuno ha scritto che con i suoi record incredibili Usain Bolt ha ridefinito i parametri delle possibilità umane. Non tutti, però, si sono lasciati impressionare dalle imprese del grande velocista giamaicano, anzi c’è anche chi, come Daniel Liebermann, un brillante paleoantropologo che ama correre a piedi nudi, le ha giudicate persino piuttosto banali. Non scandalizzatevi, Liebermann sostiene convinto che solo le prestazioni dei migliori atleti di fondo e mezzofondo risultino davvero eccezionali. “Bolt? Non batterebbe uno scoiattolo”, ha spiegato serafico l’esimio professore di scienze biologiche dell’università di Harvard. “Gli uomini nascono cacciatori e ciò che li rende speciali è la loro capacità di correre le lunghe distanze. Solo in quel caso possono sentirsi davvero superiori a qualsiasi altro mammifero, persino a un cavallo”. Beh, che dire allora di chi, come Marco Boffo, si diletta a percorrere distanze che ai più sembrano infinite. Una partita di tennis rischia di apparire una blanda passeggiatina per uno abituato a sudare e a stringere i denti su una strada per cento chilometri. Le chiamano ultramaratone, e sono riservate a quanti hanno fatto della fatica e della resilienza una vera e propria filosofia di vita. Marco Boffo, mestrino di Martellago, grosso comune della cinta metropolitana di Venezia, sin qui uno dei dominatori della stagione di terza del Grand Prix Trentino, non è solo un ottimo tennista, ma anche uno dei maggiori interpreti italiani delle corse sulle lunghe distanze. Una specialità che gli ha consentito di sviluppare e di affinare la sua attitudine alla sofferenza e che ha fatto la differenza quando il caldo feroce delle ultime settimane ha finito per impastarsi con la terra rossa dei campi, con l’umidità opprimente dell’aria. “Ai provinciali mi è capitato di giocare anche quattro partite in due giorni, di restare sotto il sole per quasi otto ore - racconta - e a quel punto non è più una questione fisica o atletica, diventa principalmente una questione mentale, di capacità di sopportazione. Una capacità che ho sicuramente migliorato con la corsa”.
Così mentre gli altri si scioglievano, lui si esaltava. Ma guai a considerarlo un semplice pallettaro, è vero ha molta più resistenza di un comune atleta, ma è soprattutto un tennista completo dal punto di vista tecnico “E’ vero, non sono uno a cui piace fare candeloni”, ammette sorridendo. Giuseppe Ghezzer, 3.1 del Ct Trento, se ne è accorto nella finale dei Campionati provinciali, preoccupato delle virtù agonistiche del suo avversario ha cercato di attaccarlo ad ogni occasione, si è messo quasi a fare il serve and volley, ma Boffo lo ha spesso preso d’infilata con passanti precisi e affilati. “Se dovessi indicare un campione cui mi piacerebbe ispirarmi direi Wawrinka, per il suo meraviglioso rovescio a una mano. Federer? Lo ammiro, come tutti, ma non si può certo prendere a modello un campione simile”. Tecnica si diceva, Boffo d’altra parte si è pure diplomato alla Scuola Nazionale Maestri: “Nel 2000 ho raggiunto la classifica di 2.6, poi però mi sono fermato per alcune stagioni, ho ripreso a giocare nel 2003, e da 3.1 sono subito risalito in seconda. Quell’anno sono diventato anche maestro e per un po’ ho insegnato sui campi del mio circolo, il Ct Martellago, prima di dedicarmi a tempo pieno alla corsa”.
Collezionando pure tante belle soddisfazioni: “Sono molto legato ai mondiali in Belgio del 2009, dove ho lottato sino alla fine per il podio, giungendo quarto, e terzo degli europei. Ho vinto anche un oro europeo e un argento mondiale a squadre. Poi c’è stato il secondo posto alla 100 Km del Passatore nel 2008, e la vittoria alla Maratona delle Terre Verdiane, nel 2014 a Parma”. Per correre così a lungo si dice che serva una volontà d’acciaio, ma sono sfide come queste a marcare un confine. C’è chi ci vede un’opportunità per migliorarsi. “E’ una questione di stimoli, bisogna porsi degli obiettivi. La voglia di spostare un po’ più in là i propri limiti, poi naturalmente ci sono anche le soddisfazioni che ti ripagano di tanti sforzi, la maglia azzurra, i mondiali. All’esordio ai campionati europei arrivai tredicesimo, primo degli italiani, ai mondiali nono, e primo degli europei. Risultati che mi hanno spinto ad andare avanti.” Ovviamente serve una pratica dura e rigorosa, e tanti sacrifici per ottenere simili prestazioni sportive: “E’ necessario correre tutti i giorni, magari pure due volte lo stesso giorno. Di media facevo intorno ai 170 chilometri a settimana, ma molto dipendeva dai carichi, diciamo che in previsione di gare importanti arrivavo anche a punte di 190-200 chilometri settimanali”. E si corre con qualsiasi tempo e su qualsiasi tipo di percorso: “Da quando vivo in Trentino ho cominciato a prendere dimestichezza pure con le salite e le discese. D’altronde non si corre solo sul piano nelle lunghe distanze, la corsa più famosa, quella del Passatore, ha 1.500 metri di dislivello”.
Il Trentino è stata una scelta del cuore: “Sono arrivato qui nove anni fa, dopo aver conosciuto ad una gara la mia attuale compagna (Monica Carlin, a sua volta eccellente maratoneta n.d.r.). Fa l’avvocato e per lei sarebbe stato piuttosto complicato spostarsi da Trento, l’ho fatto io, per me era più semplice. Poi ero stanco di girare, ho deciso di mettermi in proprio e di sfruttare le mie esperienze e competenze aprendo un negozio a Pergine Valsugana. Si chiama Trirunnis, perché tratto i tre sport, triathlon, running e tennis, che ho praticato e che conosco bene. Cerco di seguirli nel miglior modo possibile, fornendo anche un servizio di consulenza che va dalla preparazione di piani di allenamento, all’analisi scientifica della calzatura più adatta, dalla possibilità di effettuare il test Conconi e di Mader agli esami di impedenziometria” Un negozio specializzato soprattutto in calzature ed abbigliamento tecnico, con marchi di alto livello, attorno ai quali Boffo può spendere la sua profonda esperienza. Una sorta di boutique tecnologica, con all’interno anche un tappeto in tartan di una quindicina di metri sul quale si possono provare le scarpe ed effettuare un approfondito test, che prevede la registrazione della propria corsa con un sofisticato software e quindi declinare le scelte di acquisto sulla base delle proprie caratteristiche. “Le risposte finora sono state molto positive, in particolare per corsa e triathlon. Con il tennis faccio più fatica, ma è normale”.
La nuova attività però l’ha riavvicinato alla sua vecchia passione. “E’ vero, sono tornato a giocare anche per far conoscere il mio negozio. Ma non solo per quello, diciamo che è stato un insieme di cose, mi hanno spinto pure la voglia e la curiosità: ero saturo di corse, e volevo vedere a che livello avrei potuto giocare dopo tanti anni di inattività. Devo dire che i risultati mi hanno un po’ sorpreso, non pensavo di poter tornare così competitivo in pochi mesi. Poi c’è il piacere, giocare a tennis mi diverte sempre molto. Correre è bello, ma può risultare alle volte piuttosto faticoso”. Soprattutto a certe distanze. Intanto ha ripreso a vincere con la racchetta. Bentornato Boffo.