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Gianluca Bellezza, 2.4, torinese di Ciriè, è uno degli allievi di Gipo Arbino. Dopo aver ottenuto buoni risultati dal under, si è dedicato allo studio ma senza abbandonare l'idea, un giorno, di poter giocare nel circuito internazionale. Seguendo le orme dell'amico Lorenzo Sonego
di Raffaele Viglione | 20 marzo 2021
21 anni compiuti a gennaio, Gianluca Bellezza è un 2.4 che sa bene come, almeno in certi casi, la classifica conti solo per chi accetta di lasciarsi definire da un numero. Il torinese di Ciriè aveva già identica classifica nel 2017, eppure non si può dire che sia lo stesso di quattro anni fa.
«Io sono cambiato”, spiega il torinese, “ora sono più maturo e penso di potermela giocare con tutti quelli della mia categoria. Ho già giocato un 15.000 nel 2018 un 15.000 a Casale Monferrato, ma ora mi sento pronto. Quando entro in campo, penso che con le mie caratteristiche di gioco il risultato dipenda molto da me. Certo, se gioco con gente come Lorenzo (Sonego, di cui è spesso compagno di allenamenti al Circolo della Stampa Sporting, ndr), dipende da lui, ma con gente del mio livello penso di poter dire la mia, pur senza dimenticarmi che contro c'è un altro che prova a fare lo stesso”.
Gianluca, come sei arrivato a tennis?
“Il mio approccio al tennis è stato abbastanza particolare, perché facevo motocross da piccolino. I miei genitori sono appassionati di moto ed entrambi arrivano dal mondo dello sport: mia madre ha fatto equitazione e mio padre è stato ciclista professionista. Non voleva che facessi ciclismo come lui, così mi ha comprato una moto per scherzo e ho iniziato a fare gare, dimostrandomi portato.
Però i miei volevano uno sport che mi desse più regole, così ha preso spazio il tennis. Il mio vero inizio è stato al circolo di Caselle, con il maestro Alessandro Riba che mi ha accompagnato sino all'età di 17 anni. Ho iniziato con il “torneino” interno di tennis e mi sono sempre più appassionato. Tutt'ora mi diverto come all'inizio, specie quando ci sono le competizioni”.
A livello juniores come te la sei cavata?
“Avendo iniziato a 10 anni con i tornei, non ho ottenuto risultati di rilievo: sono arrivato terzo ai regionali Under 16, ho vinto i regionali di seconda categoria e gli Italiani di macroarea a Mantova. Poi ho avuto il piacere di partecipare a tornei internazionali giovanili, come l'Avvenire e il Bonfiglio”
Da grande?
“Alle superiori ho studiato da geometra, per cui sino alla maturità mi sono concentrato sull'attività nazionale e sugli Open. Adesso che sono al primo anno di Università ho orari più gestibili. Come ho sempre detto, giocherò i 15.000 quando mi sentirò pronto".
Ora ti senti pronto?
“Covid permettendo, vorrei confrontarmi con tennisti diversi. Parlando con Gipo (Arbino, ndr) e Lorenzo (Sonego, ndr) ho ricevuto tanti consigli preziosi; mi dicono che a livello di tennis sono pronto, ma che non conta solo quello: bisogna essere pronti di testa, dimostrarsi capaci di raggiungere degli obiettivi. I miei genitori hanno sempre puntato più sulla persona che sullo sportivo. Lo sportivo è la conseguenza della persona che sei e della fatica che sei disposto a fare. Nel tennis abbiamo la fortuna tutti i giorni di frequentare begli ambienti. Certo, a livelli bassi i campi magari ogni tanto sono freddi e le condizioni meno confortevoli, ma io credo che si debbano meritare le cose belle”.
Te lo sei già dato un obiettivo come tennista?
“Sono sempre stato abituato a ragionare per obiettivi, come tutti gli sportivi, ma in questo caso non mi pongo degli obiettivi di classifica, semmai di miglioramento. Giorno dopo giorno devo dimostrare di fare passi avanti nell'atteggiamento e nella gestione della parte tattica, prima ancora di quella fisica, sulla quale penso di avere una buona base, alla luce del lavoro fatto negli anni passati. In famiglia facciamo tutti dei sacrifici per poter cercare di intraprendere questo tipo di percorso nel tennis: anche i miei genitori si privano di viaggi o altro per darmi la possibilità di avere le risorse per giocare tornei. Io mi sento responsabile di gestire al meglio quei fondi e ogni volta che scendo in campo so che è il frutto del sacrificio di tante persone, per cui voglio fare tutto il possibile”.
Hai un sogno tennistico?
Partecipare agli Australian Open. Mi ha sempre affascinato l'idea di finire la preparazione invernale al freddo e poi andare a giocare dall'altra parte del mondo, in piena estate”.
Ti sei dato un limite di tempo?
“A me piace pormi obbiettivi concreti, che si possano intravedere in un futuro prossimo. Un mio obiettivo ce l'ho, ma non voglio dirlo.... Sono al primo anno della triennale: al termine del triennio vedremo dove sarò come persona e come tennista”.
Da quando hai 17 anni ti alleni con Gipo Arbino, coach di Sonego. Come ti trovi con lui?
“Mi piace perché è una persona diretta, come me. Io dico quello che penso, anche a costo di non piacere a tutti. Lui anche: è uno che mi spiega le cose come stanno, senza girarci intorno. Ho del potenziale, ma so anche che sono i risultati che parlano”.
A proposito di potenziale, capita di vedere giocatori che sulla carta sembrano meno dotati di te e magari sono già molto più avanti in classifica. È una cosa che ti deprime o rappresenta uno stimolo?
“Fino a un anno fa mi caricava, ora comunque non mi deprime. Piuttosto mi dà maggiore consapevolezza di quanto conti trasformare il potenziale in concretezza e che per farlo occorra alzarsi ogni mattino con lo spirito giusto, affrontando gli allenamenti con la massima concentrazione. È un fatto di trasformazione, non solo di potenziale. Io so di metterci magari più di altri a trovare il mio ritmo. Però so anche che se imparo una cosa, non la dimentico più, ma la potenzio”.