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Il casalese, classe 2001, è appena partito dalla sua città, con destinazione Hawaii, e precisamente l'Università, facoltà di business administration. "Giocavo con Musetti e Sinner - spiega - ma adesso voglio fare il mio percorso"
di Raffaele Viglione | 20 gennaio 2021
Commette un errore chi consacra la propria giovinezza al tennis soltanto nella speranza di andare incontro a una brillante carriera da professionista. Sbaglia perché è estremamente difficile ritagliarsi un posto di qualche rilievo a livello mondiale e, non di meno, per il fatto che il tennis sa offrire gratificazioni anche di altra natura, non meno importanti. Permette, in certi casi, di compiere un percorso di studi dall'altra parte del mondo, vivendo un'esperienza, sportiva ma anche formativa e umana, che senza il tennis sarebbe stato assai difficile fare. Inoltre, consente di affrontarlo avendo la maturità necessaria per lasciare la “confort zone” e per catapultarsi da solo nella realtà di un'isola del Pacifico senza conoscere nessuno e seguendo lezioni in una lingua che non è la propria.
Questo, almeno, è quanto sta capitando al casalese Alessio Demichelis, classe 2001, che l'8 gennaio di quest'anno è partito per affrontare il suo primo semestre di studi in presenza: business administration presso l'University della Hawaii a Hilo. Poco prima di partire, il piemontese ci ha raccontato le emozioni dell'attesa e le aspettative legate all'avventura tennistica e universitaria.
Alessio come ti è venuta l'idea di andare a fare il college alle Hawaii?
“Già per mia sorella, anche lei tennista, mio padre Mauro aveva caldeggiato questo tipo di esperienza, ma Martina non era interessata. All'inizio, l'idea del college non piaceva molto nemmeno a me; poi, accompagnando un amico che sarebbe andato a fare quel tipo di percorso di studi, ho avuto modo di vedere con i miei occhi quel mondo e le cose sono un po' cambiate. L'America mi è sempre piaciuta, oltre a questo l'idea di poter mettere insieme tennis e studio senza dover decidere a cosa dare la precedenza assoluta mi ha attirato non poco”.
Anche perché arrivi da un anno tennistico che, pur in un contesto complicato, non è stato niente male...
“Infatti: a livello di risultati è stato il migliore. Ho raggiunto la classifica italiana di 2.3 e dei dieci tornei che ho disputato a livello Open ne ho vinti sei, quattro addirittura di seguito. E pensare che l'anno era iniziato piuttosto male. Prima dello stop per il Covid avevo partecipato a due 15.000 in Turchia, perdendo in entrambi i casi al primo turno delle qualificazioni. Lo smacco mi ha segnato e quando sono tornato a casa è scattato qualcosa in me”.
Purtroppo, però, è scattata anche l'emergenza sanitaria.
“Mi ero preso un anno dopo il diploma per giocare a tennis in giro per il mondo. A causa del Covid non è stato possibile né prendere parte ai tornei Itf, né partire per il college ad agosto. Il primo semestre, infatti, l'ho frequentato online”.
Nel 2020 hai raggiunto la classifica 2.3. Pensi di poterla confermare?
“Tornerò in Italia a maggio e avrò pochi mesi per fare punti nei tornei; non sarà facile mantenerla”.
E stare lontano dagli affetti come sarà?
“Con i miei genitori e i miei amici potrò comunicare comunque, sfruttando la tecnologia. La nota dolente è che sono appena diventato zio e mi spiacerà perdere i primi mesi della mia nipotina, i suoi primi sorrisi”.
Lasci anche la Canottieri Casale...
“Anche quella è un po' una famiglia. Dovrò allontanarmi da Giugiu Massola, il mio allenatore da quando avevo 7-8 anni, un secondo padre per me. Al momento, però, sto vedendo soprattutto il “lato Hawaii”, per cui focalizzo l'attenzione sul fatto che andrò là a vivere esperienze nuove e non mi rendo conto di tutto quello che sto lasciando”.
E sai già cosa cosa troverai?
“Un inverno con una media di 25 gradi... Starò nell'isola in cui piove un po' di più, ma ci passo sopra (ride, ndr).
Pensi che sarà un'esperienza qualificante a livello tennistico?
“Come tennis non penso che la scuola del college sia migliore di quella che c'è in Italia. Troverò però nuovi stimoli e questo mi porterà a migliorare. Nel tennis sei sempre da solo, ed è necessario trovare dentro di te motivazioni nuove per evolvere. Un cambiamento del genere di certo aiuta a farlo”.
Parlando del tuo tennis, qual è il colpo che ti caratterizza?
“Negli anni il mio tennis è cambiato tantissimo. Sono sempre stato piuttosto vario, mi piace venire a rete, ma amo anche stare dietro e correre. Diciamo che il rovescio è il colpo più naturale. Il diritto è stato molto costruito negli anni e all'inizio lo giocavo piuttosto male. Adesso mi sento più sicuro e la palla mi esce più forte, ma ho un po' meno controllo. Il rovescio, invece, viaggia più piano, ma so di potermi affidare a questo fondamentale nei punti importanti”.
Degli italiani che si sono messi in mostra nell'ultimo periodo c'è qualcuno a cui somigli nel gioco?
“Sinner spacca tutto, Berrettini è più forte di diritto, Musetti fa un gran numero di magie... Direi di no...”
A proposito di Sinner e Musetti. Il primo è tuo coetaneo e il secondo ha un anno in meno rispetto a te. Ci hai mai giocato contro?
“Sinner l'ho incontrato una volta a 12 anni e mi ha battuto. Nella serie con Musetti sono ancora in vantaggio: ho perso l'ultima partita ma conduco 2-1 negli scontri diretti”.
Ti avevano impressionato?
“Sinner era magrissimo, molto più di adesso, ma la palla usciva fortissimo per un ragazzino di quell'età. Musetti aveva un gran talento anche da piccolino, ma era poco costante; per quello all'epoca vincevo ancora contro di lui”.
Le nuove leve italiane che si sono già messe in evidenza sono d'ispirazione?
“A parte Sinner e Musetti, è impressionante il numero di tennisti italiani del 2001-2002 che sono nei primi 800-1000. Una cosa mai successa. Da un certo punto di vista per me è scoraggiante pensare che sono già lì alla mia età; dall'altra, però, è chiaro che la normalità è fare un altro tipo di percorso, come peraltro hanno fatto Sonego, Cecchinato o Seppi”.
Ad oggi quale è la più grande soddisfazione tennistica che ti sei tolto?
“Direi la vittoria a squadre nel Campionato italiano under 14 con la Canottieri Casale. È stato un successo in cui ho avuto un ruolo da protagonista, portando a casa dei match importanti”.
A livello individuale?
“Non saprei, a essere sincero. Mi segnano e mi appassionano di più le vittorie di squadra”.
Sei più un giocatore da Coppa Davis, insomma.
“Esatto. Poi se capita di vincere uno Slam va bene lo stesso (ride, ndr)”.