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Carlos, la leucemia e il padel come cura per sè e per gli altri

Tre anni fa gli avevano dato due mesi di vita, a causa di una forma avanzata di leucemia, ma Carlos Luna ha continuato a sognare. Voleva tornare a giocare a padel e ce l’ha fatta, diventando il primo ecuadoriano in un torneo Premier Padel. La malattia c’è ancora e non gli permette di allenarsi, ma la affronta col sorriso. E grazie al padel aiuta persone nella sua stessa situazione

di | 17 settembre 2022

La vita di Carlos Luna è cambiata per sempre il 28 dicembre del 2019, a trent’anni. Nato in Ecuador e cresciuto negli Stati Uniti, si trovava a Londra per lavoro, stava camminando per strada, quando non si è sentito bene. Si è risvegliato dal coma due giorni dopo in un ospedale, con un medico che l’ha guardato dritto negli occhi e senza girarci troppo intorno gli ha spiegato che gli era stato diagnosticato un grado molto avanzato di leucemia.Mi disse che mi restavano un paio di mesi di vita giorno più, giorno meno”. Era sdraiato su un letto d’ospedale, da solo, confuso, con una chemioterapia attaccata al braccio e non sapeva che fare.

“Da un giorno all’altro – continua – è cambiato tutto. È stato devastante: in quei momenti pensi alla tua vita, a tutto ciò che non hai ancora avuto la possibilità di fare, a tutti gli errori commessi. Ma soprattutto non riesci a staccare la mente da quel poco che ti resta da vivere. Ho chiesto a Dio solamente una cosa: di lasciarmi giocare almeno un’altra partita di padel”.

Quando dopo qualche giorno è riuscito a riprendersi un pochino, e ha deciso che sarebbe tornato in Ecuador. Ci aveva vissuto solo per due anni, prima di emigrare negli Stati Uniti, ma è lì che voleva morire. Ed è lì che ha ripreso in mano la sua tanto amata pala. “All’inizio non riuscivo a stringerla in mano, poi quando sono riuscito a recuperare la forza sufficiente per entrare in campo ho mancato la palla”. Ma non si è arreso, nel padel come nella vita. E per fortuna la stima dei medici su quanto gli restava da vivere si è rivelata sbagliata.

Quasi tre anni più tardi la malattia è sempre lì: lo obbliga a una quarantina di pastiglie a settimana, più una chemioterapia ogni venti giorni, e non gli permette di allenarsi, perché i suoi tessuti sono troppo deboli. Ma Carlos Luna, diventato Charlie Moon ai tempi degli USA, ha comunque trovato la forza di rialzarsi ed esaudire i suoi desideri. Oggi dirige un’accademia di padel in Ecuador, dove dopo la pandemia i campi sono passati da una quindicina a più di 100, allena una sessantina di ragazzi e non potrebbe essere più felice.

Ora – dice ancora – il mio unico obiettivo è tenermi alla larga dall’ospedale il più possibile. Dormo, mangio, posso camminare, posso giocare a padel: per me è già tantissimo. Prima del coma vivevo male, l’unica cosa che mi importava era fare soldi. Lavoravo tantissimo e pensavo solo al denaro. Il cancro mi ha aperto gli occhi: ho capito che i soldi non contano nulla, cerco di godermi le piccole cose e di avere salute e libertà. Un obiettivo che posso raggiungere ogni singolo giorno. Mi sveglio alla mattina, osservo le mie braccia, vedo che non sono collegate a nessuna macchina e tanto mi basta per essere felice”.

Dopo il primo episodio di fine 2019, Carlos ha avuto una riacutizzazione della leucemia, che l’ha fatto finire di nuovo in coma. Anche in quel caso la diagnosi è stata la stessa: da vivere resta poco. Abbattuto fisicamente e moralmente dalla ricaduta, se ne era convinto anche lui, a un certo punto aveva pure registrato un video di addio per famiglia e amici, ma ancora una volta le cose sono andate diversamente. I medici si sono sbagliati una seconda volta e si sbaglieranno anche una terza. Un giorno morirò, come tutti, ma non di cancro. Quando ho detto ai dottori che avrei giocato di nuovo a padel, nessuno mi credeva. Invece…”.

Invece, malgrado una sessantina di chemioterapie in tre anni, è diventato il più forte giocatore di padel dell’Ecuador, nonché il primo a competere nel tabellone principale di un torneo del circuito maggiore. Ci aveva provato invano a Doha, nel primo storico Major di Premier Padel, e poi di nuovo a maggio al Foro Italico, ancora una volta fermato nelle qualificazioni. Ma ha perseverato e ha avuto ragione lui, riuscendo a entrare per diritto di classifica nel P1 di Mendoza, nel suo Sudamerica, in coppia con l’argentino Valentino Acosta.

L’esperienza è durata appena 55 minuti, quanto è bastato agli italo-argentina Dominguez/Suescun per superarli, ma Luna ha giocato sul Campo Centrale, in diretta tv internazionale, con la bandiera dell’Ecuador sulla t-shirt. Quel giorno nessuno ha vinto più di lui. “Per anni ho guardato il padel in televisione, sognando di riuscire un giorno a essere lì anche io. L’unica cosa importante, per me, era portare per la prima volta la bandiera dell’Ecuador nel mappamondo del padel mondiale”.

Ce l’ha fatta, così come è riuscito a trascinare la sua nazionale alla qualificazione – la prima nella storia – per il mondiale FIP, in programma a Dubai dal 31 ottobre al 5 novembre. “Un onore e un grande motivo d’orgoglio, per me e per il mio paese. Sarà un’altra parte importante della mia storia, fatta di grande voglia di vivere e di combattere. È questo che aiuta le mie cellule a non arrendersi, per inseguire nuovi obiettivi. Oggi ho 33 anni e l’unica cosa che chiedo è poter fare la vita del giocatore di padel per tre mesi, allenandomi regolarmente, senza dover assumere pastiglie o sottopormi a dei trattamenti”.

Da quando ha iniziato a girare per i tornei più importanti del circuito, e quindi a entrare in contatto da collega con tutti i padelisti più forti e famosi al mondo, Carlos ha avuto un’idea: sfruttare la possibilità per aiutare chi si trova nella sua stessa situazione, ma senza le risorse economiche necessarie per i trattamenti. Così ha creato la fondazione “Padel vs Cancer”, attraverso la quale colleziona oggetti delle star e poi li mette all’asta, in modo da raccogliere soldi. “A volte è una maglietta, altre una pallina autografata, altre ancora un cappellino. La gente capisce il valore dell’iniziativa e partecipa volentieri. Con quei soldi, la fondazione paga i trattamenti chemioterapici a quelle persone che non possono permetterseli”.

“Facciamo del bene. Uno muore veramente quando nessuno si ricorda di lui, per questo desidero fortemente lasciare qualcosa alle mie spalle. Ciò che otteniamo è magico: grazie al padel riusciamo ad allungare la vita delle persone”.

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