
Chiudi
Malgrado i colpi da sopra la testa – fondamentali nel padel – siano spesso stati un suo limite, il numero uno del tennis ha tante caratteristiche che lo renderebbero un ottimo padelista. Una su tutte la grande capacità di contrattaccare, perfetta per un gioco nel quale l’inerzia del punto si può ribaltare in un amen
15 giugno 2023
E se Novak Djokovic giocasse a padel? Già, è una domanda che stuzzica la fantasia. Il serbo, travolgendo Casper Ruud nella finale del Roland Garros, ha vinto il suo terzo titolo in carriera a Parigi e il suo 23° torneo del Grande Slam. Nessuno come lui nel tennis: Nole ha staccato Rafa Nadal, rimasto a 22 e ormai prossimo al ritiro, e ha agguantato il record di titoli Slam della Era Open di Serena Williams.
In attesa di capire se Alcaraz, prossimo dominatore del tennis mondiale, sarà in grado di avere la longevità del serbo, si può fare un gioco particolare, provando a viaggiare con la mente, per capire quanto un campione come Djoker possa essere adattabile anche al padel.
Se fosse stato un padelista, Nole avrebbe dovuto lavorare sui colpi volanti molto più di quello che ha fatto per diventare uno dei tennisti più forti della storia. I colpi sopra la testa, smash in primis, sono sempre stati limitanti per il serbo che, soprattutto a inizio carriera, aveva evidenti problemi anche al servizio (collezionava un’infinità di doppi falli). Oggi la battuta di Djokovic è una delle più affidabili del circuito e Nole serve prime appena sotto i 200 km orari con grande regolarità. Nel padel non avrebbe mai avuto questi problemi, visto che si serve dal basso.
Ma quel che fa pensare che Novak sarebbe riuscito a diventare un top anche nel padel, nasce dalle sue doti strepitose da combattente e dalla sua capacità di scivolare su e giù per il campo, trovando sempre il modo per far giocare un colpo in più all’avversario.
Qualcuno, nei suoi primi anni di dominio (nel 2011 nacque il soprannome Robonole), diceva che Djokovic sciava sui campi da tennis. Quello che era (e che è rimasto) impressionante, era come Nole non proponesse queste scivolate disperate per arrivare a colpire la palla solo sulla terra rossa, ma che lo facesse anche sul cemento. Una cosa praticamente mai vista, soprattutto con questa continuità. Questo si adatta perfettamente al gioco del padel, che richiede costanti cambi di direzione e movimenti del corpo ancora più profondi rispetto al tennis. “L’uomo di gomma”, che fa cose che potrebbero distruggere le caviglie di qualsiasi essere umano (ma non le sue), avrebbe potuto dire la sua contro Tapia e Coello, contro Lebron e Galan, magari diventando anche virale per qualche recupero da fuori dal campo.
Djokovic è il prototipo del giocatore di contrattacco: quello capace di tirarti fuori un punto dal nulla, in una situazione di estrema difficoltà. Perfetto per il padel, dove l’inerzia del punto si può ribaltare da un momento all’altro. Sembra utopistico, ma in realtà Nole è molto più vicino al padel di quello che si pensa. Ha preso casa a Marbella, uno dei centri nevralgici mondiali per bandeja e vibora. Si allena spesso nell’affascinante resort Puente Romano, e ogni tanto qualche partitina se la concede.
Memorabile l’evento del 2016 a Madrid, quando Nole giocò in coppia con Juan Martin Diaz. In Italia il boom del padel non era ancora arrivato, ma Djokovic già si divertiva e lo fece anche l’anno dopo insieme al fratello Marko, scambiando qualche palla con Paquito Navarro e Sanyo Gutierrez. È talmente grande, uno come Nole, da fare pensare che sarebbe riuscito a essere il numero 1 anche con una racchetta più piccola.