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Martin Pereyra e Sara Celata, capitani delle nazionali giovanili e coordinatori dell’attività periferica, tirano le somme della settimana ai Campionati europei di Valencia, chiusa con due terzi posti. “Volevamo creare una base di armonia e qualità per dare il la al movimento: ci siamo riusciti. E il livello dei ragazzi è sempre più alto”
di Marco Caldara | 18 ottobre 2022
Una festa del padel, prima di tutto. Ma anche una festa per l’Italia, in campo e fuori. Dentro, perché l’obiettivo di portare entrambe le nazionali giovanili sul podio del primo Juniors European Padel Championships è stato centrato, grazie a due medaglie di bronzo che valgono tanto, a maggior ragione nello stesso weekend che ha visto la FIT trasformarsi in FITP, con tutto ciò che ne deriva.
Fuori dal campo, invece, la settimana di Valencia è servita a cementare il rapporto fra i migliori talenti del paese, che magari fino a qualche mese fa nemmeno si conoscevano, poi hanno iniziato a vedersi sempre più spesso grazie alle iniziative del nuovo Sistema Italia di padel. Sono diventati compagni, quindi amici, e molto dei traguardi raggiunti è figlio dello spirito di gruppo. Impossibile non accorgersene, in particolare, durante le sfide della selezione maschile, che per due giorni di fila ha giocato sul Campo Centrale, quindi con la diretta streaming che ha contribuito a mostrare al mondo non solo il (buonissimo) livello dei nostri giovani, ma anche la loro capacità di vivere il tutto con lo spirito dei loro 14, 16 o 18 anni, come è giusto che sia. Dopo aver dominato il girone e battuto la Svezia ai quarti, gli azzurrini hanno mancato la finale per un soffio arrendendosi al Portogallo, prima di battere il Belgio nella sfida per il terzo posto. Ma soprattutto hanno vissuto un’esperienza impareggiabile.
“A partire dai raduni tecnici – dice Martin Pereyra, capitano del team maschile e coordinatore dell’attività periferica insieme a Sara Celata –, siamo riusciti a portare armonia e serenità all’interno del gruppo, partendo dai ragazzi più grandi che sono diventati un riferimento anche per i compagni più giovani. La selezione è nata dal coinvolgimento di circa 2.000 ragazzi, nei vari raduni regionali, coordinati da 16 fiduciari. C’è stato un importante lavoro di scouting, fatto in maniera accurata: non è una casualità che in nazionale ci siano arrivati questi 22 ragazzi”.
“Il nostro intento – continua Pereyra – era di creare una base per dare il la al nuovo movimento, e direi che sta funzionando. Dopo il rientro ho ricevuto tanti messaggi dalle famiglie, che sottolineavano lo spirito col quale i ragazzi sono tornati a casa. È vero che quando si vince una medaglia diventa tutto più facile, ma il momento nel quale il team mi è piaciuto di più è stato dopo la semifinale persa. La sconfitta non ha intaccato il clima di armonia: non ci è mai passato per la mente che si trattasse di un fallimento, e questo ci ha permesso di scendere in campo all’indomani con ancora tanta energia. Quando un ragazzo lascia in campo tutto ciò che ha non esce mai sconfitto”.
L’armonia italiana si è ben inserita all’interno di un evento che, per essere alla prima edizione, ha saputo immediatamente fare centro. “Mi concedo un paragone col tennis – dice ancora Pereyra –: in pochi mesi la FIP sta facendo ciò che ITF e Tennis Europe hanno impiegato anni per costruire. È stato un Campionato europeo di padel, ma ancora di più una festa di questo sport, in grado di unire le persone. Il padel è uno sport umano, sociale. Ragazzini di altre nazioni tifavano per noi, i nostri ragazzi andavano a sostenere amici di altri paesi. È stato bello. Poi naturalmente quando si va in campo si diventa avversari e non si fanno sconti a nessuno, ma sempre nel rispetto del fair play e dello spirito sportivo”.
“Ciò che si è visto da casa – conferma Sara Celata, selezionatrice della nazionale femminile – corrisponde alla realtà: il clima all’interno della squadra ha fatto la differenza. Fin dalla prima riunione con i ragazzi abbiamo fatto capire a tutti che per noi non formavano una squadra maschile e una femminile, bensì un team unico. Un concetto che i ragazzi hanno compreso e che ci è tornato utile nei momenti più importanti. C’è sempre stato un clima di grande serenità, che ha dato a tutti la spinta necessaria per rimanere in campo a lottare anche quando magari non ne avevano più”.
Come accennato, anche le ragazze hanno chiuso al terzo posto, vincendo un delicato quarto di finale contro i Paesi Bassi prima di arrendersi alle inavvicinabili spagnole, per poi battere la Francia nella “finalina” per un posto sul podio. “Fatta eccezione per la nazionale della Spagna – continua la capitana –, che per il momento ha un livello troppo alto per tutte, abbiamo dimostrato di potercela giocare con qualsiasi avversaria. Il nostro livello non è affatto male, a partire dall’under 14 fino all’under 18. In Italia abbiamo tanti allenatori molto bravi, e questo ha permesso ai nostri ragazzi di migliorare parecchio in breve tempo. Ci siamo, e siamo fiduciosi per il futuro”.
A proposito di futuro: il prossimo appuntamento importante è già alle porte, con le finali nazionali del circuito giovanile svolto durante l’anno, che da giovedì coinvolgeranno circa 200 ragazzi. “Trattandosi di una prima volta, a ottobre, con le scuole appena iniziate e dopo che i ragazzi hanno appena trascorso una settimana lontano da casa, sono numeri davvero importanti. Dimostrano che il movimento è più vivo che mai, anche grazie alla collaborazione costante che abbiamo con i vari insegnanti, per programmare il percorso dei ragazzi, fatto di tornei e allenamenti. Anche questo è un valore aggiunto, tanto che alcuni maestri erano presenti a Valencia insieme a noi, a condividere l’esperienza con i giovani. Al momento li conoscono più loro che noi, quindi poter contare sul loro aiuto è un ulteriore plus. Presto programmeremo altri raduni, per iniziare a costruire il percorso in vista del mondiale 2023”.