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Le giocate dei migliori, raccontate dai migliori

Recuperi fuori dal campo, smash in salto, dejada e non solo: sono fra i colpi che più lasciano a bocca aperta gli appassionati e marcano la differenza fra i pro e tutti gli altri. Eppure, malgrado riescano a farli sembrare addirittura banali, anche i fenomeni li allenano di rado

di | 20 settembre 2023

Nel padel allenarsi conta e a certi livelli è determinante, perché i ritmi sono talmente serrati che essere dei super atleti è ormai diventato fondamentale. Ma ci sono colpi – e situazioni – che raramente si allenano eppure continuano a marcare la differenza fra i giocatori di alto livello e tutti gli altri, i quali spesso non possono fare altro che ammirare a bocca aperta, con la consapevolezza di aver assistito a qualcosa di impossibile da ripetere. Osservando un match in tv capita a tutti: ci si chiede come il fenomeno in questione sia riuscito a inventarsi la tal giocata, e magari alla prima occasione utile si prova a ripeterla, nel 99,9% dei casi (per non dire nel 100%) con un esito ben diverso.

Per chi guarda da fuori, le giocate che sorprendono di più sono quelle inventate da fuori dal campo, perché richiedono un mix di fattori molto ricco: capacità di leggere prima il colpo rivale e sapere quando uscire, rapidità nell’uscita, attenzione a non toccare la rete o il paletto, coordinazione e grande precisione, perché spesso lo spazio a disposizione è gran poco. Ma se il por tres è diventato una pericolosa arma a doppio taglio è perché tutti sono ormai bravissimi a trasformare in offensive le giocate da fuori campo, ergo verrebbe da pensare che i giocatori allenino spesso la situazione. In realtà non è affatto così. Anzi.

Non conosco alcun giocatore che provi le uscite in allenamento – spiega Martin Di Nenno e il motivo è molto semplice –, perché ci alleniamo in campi di club, senza lo spazio previsto per le uscite, quindi nessuno esce. Prima di tutto, certi colpi sono figli dello spirito di sopravvivenza. All’inizio io ero un disastro, mentre ora pur non essendo un fenomeno me la cavo. In fondo, quello che conta è mettere la palla in campo e fare in modo che il punto possa continuare”.

Se Di Nenno ha perfezionato col tempo l’uscita dal campo aggiungendola al suo (ricchissimo) catalogo di soluzioni difensive, il suo compagno Franco Stupaczuk è diventato uno dei mastri dello smash in sospensione. Impattare la pallina da sopra la testa è già di per sé rischioso, perché se l’esecuzione non è perfetta e la palla salta meno di quanto desiderato, la situazione si trasforma in un assist per la coppia avversaria, quindi 9 volte su 10 in un punto perso.

Farlo in salto rende il tutto ancora più complicato, ma non per “Stupa”. Eppure, nemmeno lui dedica particolare attenzione in allenamento a una delle soluzioni che gli avversari gli ruberebbero volentieri. “Non è un qualcosa che alleno ogni giorno – ha spiegato – perché preferisco concentrarmi su soluzioni di difesa, più rulo, vibora e bandeja. Ma quando mi manca un po’ di fiducia e ho bisogno di lavorare sul timing, alleno anche lo smash in salto.

Una delle indicazioni per capire quando si sente al top, è proprio osservare che utilizzo fa della soluzione. Se la prova spesso, vuol dire che il tasso di fiducia è elevato. Per esempio, nella finale del 2022 del P1 di Mendoza si inventò uno smash in salto per annullare un match-point ai rivali (Coello e Belasteguin), finendo per vincere il titolo. Un rischio? Sì, ma calcolato. “Pensate ai calciatori: meglio tirare un rigore col rischio di sbagliarlo oppure non tirarlo proprio? Preferisco decidere io come può finire il punto, piuttosto che farlo stabilire agli altri”. A volte va bene, altre meno, ma il ragionamento fila.

Insieme a Di Nenno e Stupaczuk, c’è un terzo giocatore argentino che in questo 2023 sta andando alla grandissima, conquistando titoli a ripetizione. Il suo nome è Agustin Tapia e qualcuno l’ha addirittura paragonato alla leggenda Lionel Messi, per la capacità di inventare spesso delle giocate imprevedibili, difficili non solo da eseguire ma anche da pensare. Fra le sue specialità, quest’anno ha preso piede la “dejada”, ossia la volèe smorzata utile per cogliere di sorpresa gli avversari posizionati a fondo campo.

Sono in tanti a utilizzarla, ma pochi come Tapia danno l’impressione di accarezzare la pallina con le corde di un violino. “Sinceramente – ha detto il Mozart di Catamarca – non so spiegare bene come eseguo la volèe smorzata. Anzi, so che tempo fa hanno dovuto spiegarla a me, perché la giocavo male. Il segreto? Non credo ci sia, magari la differenza è solamente che la uso un po’ di più rispetto ai miei avversari, quindi l’ho saputa perfezionare. A volte la soluzione non funziona e mi rendo ridicolo, ma quando il colpo è vincente mi dà grande soddisfazione. Ma se dovessi spiegare come faccio, onestamente, non sarei in grado”. Magia, come molte delle soluzioni che si inventa in campo, illogiche ai più ma logiche per lui, baciato da madre natura come pochissimi altri nella storia del gioco.

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