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L’errore nel padel: come affrontarlo correttamente

Il primo modo per sbagliare meno, nel padel, è… accettare l’errore. Reagire positivamente aiuta a mantenere alta l’attenzione e fa passare la paura di sbagliare. Ci si può costruire una routine post errore, anche con l’aiuto del compagno (che è sempre una risorsa). Ecco qualche consiglio per migliorare

27 maggio 2023

Siete in un periodo di forma invidiabile. Le lezioni con il vostro coach testimoniano miglioramenti costanti, le ultime sfide tra amici cominciano a segnare una discreta differenza tra voi e loro. Nel weekend arrivate al torneo provinciale di categoria carichi, sulle spalle una sacca con dentro racchette, asciugamano, ricambio e tante convinzioni. Passate agevolmente il girone da primi e poi, al primo turno eliminatorio, incontrate la classica coppia con la maschera da vittima sacrificale. Già durante il riscaldamento capite che non si tratterà di se, ma di quando, ché la strada è spianata.

Poi però inizia la partita: siete sicuri di vincere, quindi approcciate scarichi, e il primo set se lo aggiudicano gli avversari, abbastanza nettamente, velocemente. Poco male, un regalo lo si può anche concedere con questo gap. Nel secondo la concentrazione sale, ma quella superiorità del riscaldamento non si vede. Sbagliate tanto, troppo, non ve ne capacitate. Ai due al di là della rete sembra uscire tutto. Si arriva a giocare punto a punto. Continuate ad essere troppo fallosi, ma rimanete in partita. Nel momento decisivo la mano trema, i cattivi pensieri si impadroniscono del vostro cervello, la vista si offusca. Gioco, partita, incontro. Frustrazione. «Non è possibile, non è vero. Non si può perdere contro questi». Tutto vero, invece. Benvenuti nel mondo degli sport di racchetta.

Il rapporto del giocatore di padel con la propria fallibilità, con i propri errori, è molto complesso. Essere lucidi quando c’è di mezzo un risultato da ottenere è difficile, analizzare con criterio il perché dell’errore marca spesso la differenza tra vincere e perdere. Lo stato di tilt è direttamente proporzionale a quello on fire: quando una coppia sale di ritmo, solitamente l’altra scende. Una è in fiducia, l’altra in sfiducia. Per trovare un gioco realmente alla pari bisogna alzare il livello di categoria. Ma allora, come gestire il complicato rapporto tra sé e l’errore? Schiarire la mente e non farsi annebbiare dalle emozioni a caldo è il primo step.

L’errore genera frustrazione, rifiuto. Reagire positivamente, o comunque lucidamente, ad un passo falso, è il primo passo per evitare di commetterne altri in serie. Il dialogo con sé stessi arriva immediato: ci si butta giù, ci si crede mediocri. Un soliloquio disfattista distrugge, la soluzione va ricercata in una riflessione, ancorché autoreferenziale, comunque costruttiva. Fondamentale sarebbe capire il perché si sia commesso l’errore. Ma anche senza questo passaggio, la base è accettare il fatto di essere giocatori che gli errori li commettano. “Se non sbagliassi mai, se facessi sempre il colpo giusto al momento giusto, giocheresti fra i professionisti”. Mettiamo lì questa massima da maestro.

Per non essere risucchiati nella situazione di tilt, un aiuto può essere ripassare mentalmente le cose giuste da fare secondo le nostre conoscenze: piegare le ginocchia, aumentare l’attività dei piedi, concentrarsi maggiormente sulla pallina e sul suo miglior impatto sulla pala. Giocare semplice. Regola numero zero del padel: mandare di là la palla, non sbagliare.

Un altro suggerimento che può aiutare è creare routine, meccanizzare situazioni di gioco, in modo che siano il meno soggette possibile a un intervento (autolesionista) della propria psiche. Un riferimento tennistico esemplare: Marat Safin, tennista russo attivo nel primo decennio dei Duemila, è stato tra i meno vincenti in rapporto al talento posseduto, uno dei re della cattiva gestione del proprio ego psicologico. Eppure, in qualsiasi situazione di pressione agonistica si sia mai trovato in carriera (si parla di un quattro volte finalista di Slam, vincitore di un Us Open e di un Australian Open, ex numero 1 al mondo), ha avuto nel servizio un appoggio di inestimabile valore.

La rimessa in gioco, che per i più labili potrebbe diventare la prima spia di rischio perdita punto, se completamente padroneggiata può rappresentare il porto sicuro al quale approdare in caso di tempesta. Non si ricordano doppi falli di Marat, perché quel movimento psicomeccanico era totalmente interiorizzato. Si ricordano piuttosto le racchette divelte, ma solo a fine scambio.

Rimanendo sul tema, perché non costruirsi una routine post errore? Che potrebbe essere: prendersi qualche secondo, concentrarsi sulla respirazione, sforzarsi di cancellare dalla mente l’errore precedente e focalizzarsi non sul colpo appena fatto, ma su come ottimizzare quelli successivi. Positività, pensare al presente, perché il passato è già passato.

La fiducia è tutto, quando manca cresce la paura di sbagliare, subentrano negatività e il cosiddetto “braccino”. La mente tira il freno a mano, i movimenti diventano legati e, di conseguenza, ecco che torna l’errore. Per rimediare, o meglio, per non incappare in questa dinamica, è essenziale un’attivazione psicofisica: essere dentro la partita e con le gambe e con la testa. Una sola delle due non basta. La stessa attenzione è soggetta a variazioni di intensità durante il gioco. Accettare di vivere alti e bassi predispone a quell’azzeramento dell’errore che diventa unica via per limitarne la frequenza.

Utilizzare il linguaggio del corpo per comunicare, a sé stessi, al compagno e agli avversari, di essere totalmente dentro la partita, a prescindere dal parziale, è un’arma sottostimata. Ripetere ad alta voce il punteggio dopo ogni quindici, scambiarsi gesti di interazione al termine di ogni singolo punto (come darsi “il cinque” con la racchetta, riproducendo un momento tipico tradizionale di altri sport, come la pallavolo, o anche solo condividendo un contatto visivo di energia positiva), tiene alto il coinvolgimento dell’individuo nella coppia e della coppia nella partita.

Perché, non bisogna dimenticarlo, il padel è uno sport di coppia, si gioca in squadre di due, sì o sì. Nutrire un senso di inferiorità rispetto al partner è controproducente, così come il distacco del sentirsi superiori: uscire dalla partita ha un costo relazionale, crearsi (anche inconsciamente) alibi allontana dal risultato. E dal divertimento. Il compagno dev’essere percepito come una risorsa, non come una palla al piede. L’esercizio sarà quindi chiedersi se si stia facendo il massimo per la propria parte di gioco, a prescindere dall’altra. E fare il proprio, senza prevaricare, sconfinare, è tutto quello che viene richiesto. Fidarsi e affidarsi è l’unica via per il successo. Accettando di essere fallibili: seppur in minor parte lo sono anche i top player che ammiriamo in tv.

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