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Fenomeno Sinner, Mattia Bernardi: ''Che sfide con Jannik''

Mattia Bernardi ha visto Jannick Sinner salire sul trono degli Australian Open dal College di Charleston, nella Carolina del Sud, all’ora del primo caffè. I due, da ragazzini, si sono incrociati più volte sui campi della regione

di | 01 febbraio 2024

Mentre i raggi del sole cominciavano a filtrare appena dalle finestre del College di Charleston, nella Carolina del Sud. L’America è lontana, ma l’effetto Sinner ha investito come un’onda impetuosa anche l’altra parte dell’Oceano. “Non c’è da stupirsi negli Usa il tennis è seguitissimo, e anche qui sono tutti innamorati di Sinner - racconta ridendo Mattia, che negli States studia e gioca a tennis  - Jannick piace perché è un ragazzo pulito, educato. È bello avere qualcuno che ti rappresenti nel mondo con questi valori”.

Avversari - Jannick e Mattia così simili eppure così diversi. Classe 2001 il primo, classe 2002 il secondo, hanno inseguito i medesimi sogni da ragazzini, e si sono incrociati più volte sui campi della regione. Mattia si è tolto anche la soddisfazione di battere l’altoatesino nella semifinale di un torneo Nike a Bolzano, nel 2010, vittoria sofferta, dopo tre set combattuti.

Ricordo che Jannick era molto considerato anche da giovanissimo, non lo incontravi spesso nei tornei che disputavamo allora, ma quando lo trovavi in tabellone rischiavi di prenderle di brutto. Aveva già un timing incredibile sulla palla, era un tipo tosto, sembrava che non gli importasse molto del risultato, badava solo a fare il suo gioco, con qualsiasi avversario”.

Qualcuno ha scritto che Sinner è diventato un campione perché ha continuato a divertirsi, senza mai perdere il gusto di correre, lottare e colpire. “Ci siamo allenati insieme qualche volta nei centri periferici, era molto riservato, tranquillo, se ne stava un po’ sulle sue, forse perché ancora non parlava benissimo l’italiano, ma era simpatico, disponibile, e in campo era sempre molto corretto. Come adesso d’altronde. Non l'ho mai visto darsi delle arie”.

Predestinato - A volte, la vita accelera improvvisamente tanto che diventa difficile per molti dominare le svolte, non è stato così per Jannick che la sua occasione non se l’è lasciata sfuggire. A tredici anni, quando lascia la famiglia e le sue montagne per seguire Riccardo Piatti a Bordighera.

Adesso è facile dire che era un predestinato. Però la sensazione che avesse qualcosa in più degli altri l’avevamo un po’ tutti. Devo confessare che mi aveva colpito molto la sua decisione di partire, quando partecipavamo agli stage della Federazione nei centri estivi, aveva spesso nostalgia di casa, e non vedeva l’ora di tornare in Alto Adige. Credo la sua fortuna sia stata quella di avere sempre avuto accanto a sé le persone giuste, quelle che lo hanno aiutato a crescere. Poi è ovvio, ci ha messo tanto di suo. Soprattutto a livello di testa, di forza mentale. Si è visto anche con Medvedev: è andato sotto di due set giocando così così, ma non ha fatto una piega, anzi ha cominciato a giocare il suo miglior tennis. Magari non lo dà a vedere, non come altri campioni, penso per esempio a Nadal, ma dentro ha sempre avuto una carica enorme”.

Sogni - Ci sono piccoli segnali, minuscoli spostamenti del cuore che raccontano come ci sia un tempo che passa e non lascia uguali, ma i sogni non svaniscono mai, si depositano nell’anima. Mattia, il suo sogno di diventare un giocatore professionista non lo ha ancora abbandonato, anche se per via degli studi difficilmente potrà giocare con il suo circolo, l’Ata Battisti, tornata dopo quattro stagioni in serie A1.

Mi sono dato un paio di anni di tempo per capire dove posso arrivare. Vediamo. Il livello qui è comunque molto alto. Cosa ruberei a Sinner? La sua facilità di uscita di palla, il modo con cui riesce a piazzarsi al meglio con le gambe per colpire. Quello che mi impressiona di più è il rovescio in allungo, come è capace di scivolare con la gamba sinistra e tirare comunque fortissimo. È davvero incredibile”.

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