
Chiudi
Se ne va uno dei volti più noti del nostro territorio: a lungo presidente del Circolo Tennis Trento, dalla fine degli anni Sessanta sino ai primi anni Ottanta
di Redazione | 05 gennaio 2023
Gli inizi sui prati - Il tennis lo aveva scoperto giovanissimo negli anni Trenta e come la maggior parte dei ragazzi dell’epoca aveva iniziato a giocare con vecchie e pesanti racchette di legno su campi improvvisati, ritagliati tra i boschi di Fai, alle pendici della Paganella dove la famiglia trascorreva le vacanze estive. « Si giocava sugli orli dei prati – ricorderà con una punta di nostalgia - piantavamo due paletti e tiravamo un filo da un capo all’altro. L’unica cosa fastidiosa era ritrovare la pallina quando finiva in mezzo all’erba o giù per qualche dirupo». I primi rudimenti tecnici assimilati in maniera spontanea, istintiva. «Eravamo tutti degli autodidatti – annoterà – avevamo una tecnica approssimativa, non esistevano allenatori e nessuno aveva mai preso una lezione di tennis. I più servivano da sotto, tagliato, e l’arma più usata era spesso la palla alta».
Una sfida famosa - Fu tra i primi a frequentare i nuovi campi di Piazza Venezia negli anni Quaranta, farà parte anche della squadra di Coppa Facchinetti del Ct Trento che vincerà il suo primo titolo regionale nell’immediato dopoguerra. Sconfitta nella fase nazionale solo dai futuri campioni milanesi dell’Ambrosiano. “Finalmente un po’ di pubblico attorno agli assolati campi di Piazza Venezia - scriverà di quella partita il giornalista Umberto Grillo sulla sua pagina sportiva del Corriere Tridentino, nato dalle ceneri del Brennero - Gli incontri che opponevano i nostri ai milanesi dell’Ambrosiano meritavano l’onore di una degna cornice di spettatori. I nostri tennisti sono incorsi in un cappotto ma hanno tuttavia conteso gioco su gioco ad avversari più consumati.” L’unico a lasciarsi sfuggire una vittoria che sembra a portata di mano, almeno per il cronista, è proprio il giovane Taddei, che sta trovato al di là della rete un “giovinetto imberbe e spiritato”. Avrà per ben due volte la palla per chiudere il match, ma finirà per cedere 9-7 al terzo set, tradito “dall’inesperienza e dalla assoluta mancanza di tattica”, come lo bacchetta Grillo. Che alla fine sentenzia: “Se Taddei imparerà che il tennis non si gioca solo a “pallonetti” ma bensì a base di “stangate” di diritto e di rovescio, potrà dare al tennis trentino delle belle soddisfazioni.”
Futuro campione - Parecchie ne darà invece al tennis italiano il suo avversario, che ha appena sedici anni, si muove sgraziato, ma possiede due gambe magnifiche e soprattutto talento e personalità da vendere. Di una magrezza quasi scheletrica, talmente brutto da apparire stravagante e se non addirittura simpatico. Spinge il diritto aiutandosi con la spalla e gioca un rovescio molto personale con la presa bimane che abbandonerà qualche anno dopo. E’ lui in realtà a sfiancare Taddei con i pallonetti, altissimi e micidiali. Si chiama Fausto Gardini, vincerà sette volte il titolo italiano di singolare e un’edizione degli Internazionali d’Italia nel 1955 battendo in una drammatica finale Beppe Merlo. Un agonista irriducibile, “le sue pupille di dilatavano e fissavano l’avversario quasi fosse un nemico da distruggere - narrerà Gianni Clerici - i suoi gesti acquistavano lo scatto e la tensione dei posseduti, degli indemoniati.”
Protagonista - A differenza di Gardini, Taddei resterà invece soltanto un buon giocatore, seguirà l’antico solco della passione per tanti anni come acuto dirigente, prima ancora che come agonista, con quel contegno sobrio, una linea di signorilità, rimasti unici. Darà un’impronta forte al circolo negli anni d’oro del tennis. E nel 1976 e nel 1977 tornerà protagonista anche in campo, insieme a Giuliano Maistri, Luigi Pagnacco e il veneziano Franco Debiasi, nella formazione del Ct Trento che per due volte raggiungerà la finalissima nella Coppa Valerio, la più importante manifestazione nazionale a squadre riservata ai veterani.