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Il segreto del Sistema Italia? È il processo di collaborazione tra team privati, settore tecnico e Istituto Superiore di Formazione 'Roberto Lombardi': un percorso avviato già con la nascita dell'ISF nel 2010, quando il Consiglio della Federazione affidò all'Istituto la formazione per gli insegnanti e per il settore tecnico giovanile
15 luglio 2025
Se il Sistema Italia è un sistema che vince, al vertice come alla base, di motivi ce ne sono – ovviamente – tanti. Ma uno dei principali è quello che si palesa con sempre maggiore frequenza, adesso che di azzurri in grado di arrivare nelle zone nobili della classifica mondiale ne vediamo in continuazione, ogni settimana. Il segreto? È il processo di collaborazione tra team privati, settore tecnico e Istituto Superiore di Formazione 'Roberto Lombardi': un percorso avviato già con la nascita dell'ISF nel 2010, quando il Consiglio della Federazione affidò all'Istituto la formazione per gli insegnanti e per il settore tecnico giovanile: all'epoca, gli attuali nostri migliori giocatori avevano grosso modo dai 7 ai 10 anni.
“Significava fondamentalmente spostare le strategie – spiega il direttore dell'ISF Michelangelo Dell'Edera, oggi anche Team Manager delle squadre di Davis e Billie Jean King Cup – passando dalla cura degli aspetti competitivi a quella degli aspetti formativi. Prima del 2010, le varie nazionali giovanili Under 12, 14 e 16, venivano composte in base a coloro che vincevano i tornei, dunque solo di fronte a un'analisi competitiva. In seguito, è cambiato tutto. Un altro passaggio importante è stato il coinvolgimento degli insegnanti dei giovani più talentuosi. Ragazzi e ragazze non venivano più portati via dal loro ambiente, ma restavano nel club dove erano cresciuti: cosa che consentiva di far crescere sia il giocatore, sia l'insegnante”.
LA VALENZA DEI TORNEI
Oggi la FITP investe molto nella condivisione dell'esperienza del torneo, ma solo se quell'allievo che riceve il contributo economico viene accompagnato dal proprio maestro. “Perché il vero allenamento – prosegue Dell'Edera – non è nei tre o quattro mesi in cui si resta a casa, ma nei sette o otto mesi in cui si gira il mondo. Non solo è obbligatorio l'accompagnamento, ma anche la disputa del doppio, o altre attività come la partecipazione al consolation o al misto, laddove questi tabelloni sono previsti”. C'è in sostanza una cultura diversa, costruita in questi 15 anni: oggi il torneo viene considerato alla stregua di una settimana di alta formazione, grazie al fatto di potersi allenare coi più forti sino alla domenica. Un'occasione importante per continuare a crescere.
I contributi, di conseguenza, non sono solo economici: “Tempo fa – spiega ancora il direttore dell'ISF – la Federazione era vista come una sorta di banca, oggi invece viene giustamente considerata come un supporto per consulenze e dati. Pensiamo che allenatori di straordinaria qualità come Simone Vagnozzi, Alessandro Petrone, Fabio Colangelo, Renzo Furlan e tanti altri, hanno preso la qualifica attraverso i nostri corsi e sono poi stati impegnati nel progetto formativo. Pensiamo anche a Simone Tartarini, che una decina d'anni fa aveva un contratto con la FITP di 25 settimane l'anno per condividere le progettualità di Lorenzo Musetti, nel periodo in cui Lorenzo si preparava per arrivare al vertice del circuito mondiale Under 18”.
In primo piano il team vincitore della Davis Cup 2024 (foto Sposito/FITP)
IL RAPPORTO CON I TEAM PRIVATI
Quel progetto di confronto continuo è continuato, e non solo nei team privati: “La FITP non si è sostituita al team privato, bensì è divenuta supporto. Supporto e condivisione sono le parole chiave: non solo fra team privati e Federazione, ma anche fra gli stessi team. Dove fino a 15 anni fa c'era competitività, adesso troviamo condivisione. A tal punto che il Settore Tecnico fa formazione, ma vale pure il contrario. Basti pensare che tecnici come Volandri, Garbin, Palumbo, Rianna, Silvestre, Lorenzi, Sbrascini e Di Mauro sono tutti docenti dell'area competitiva, partecipando ai corsi di formazione e ai simposi”.
L'ultimo esempio lampante di questa straordinaria integrazione è quello di Gerardo Brescia, tecnico ISF che è entrato nel team di Flavio Cobolli per dare la sua consulenza. “Ma tanti altri – prosegue Dell'Edera – lavorano ugualmente per il Settore Tecnico e per gli atleti di alto profilo: Simone Bertino e Rocco Marinuzzi, per esempio, ogni giorno forniscono i dati della match analysis ai nostri capitani Volandri e Garbin, come pure a Paolo Lorenzi, e loro li forniscono poi agli allenatori dei giocatori. Andiamo ogni volta a sottolineare i punti di forza e debolezza degli avversari che andranno a incontrare: c'è una match analysis post partita, e si indirizza allenamento in base a questo. Poi c'è anche quella totale del torneo, che dà indicazioni per l'allenamento futuro. Quando Sinner dice 'sto migliorando', malgrado sia numero 1 del mondo, è perché parliamo di un processo che non si ferma mai e anzi continua nel tempo, spostando l'attenzione dal risultato alla crescita. Fino a tarda età”.
Flavio Cobolli festeggia (foto Getty Images)
LE FASI DIDATTICHE: COME A SCUOLA
La Federazione francese, come quella americana e quella australiana (15 tecnici aussie verranno a Roma nel mese di settembre), chiedono lumi all'Italia su come si formano i giocatori, cercando di acquisire nuove competenze. “E noi non abbiamo paura di esportarle, perché poi alla fine la differenza la fa il capitale umano”. Lo stesso Dell'Edera è attualmente Team manager sia della squadra di Coppa Davis, sia di quella di Billie Jean King Cup: “Un ruolo che indirettamente rappresenta oltre 14 mila maestri italiani. Perché tutto è sempre collegato dalla base al vertice, e in quei 10 giorni delle competizioni nazionali ci si confronta per alzare l'asticella sia formativa e competitiva”.
Mantenendo una qualità fondamentale per il lavoro nel lungo periodo: l'umiltà. “Le fasi didattiche – chiude il direttore dell'ISF – sono divise come un percorso scolastico. L'alto livello è come l'Università, ma è tutto collegato, perché certe abilità vanno richiamate alla memoria motoria di chi si allena, anche dopo diverso tempo: chi fa 'pittino', a metà campo, torna per qualche minuto al minitennis per richiamare alla memoria certi meccanismi. Quindi capiamo come il minitennis stesso sia importante, allo stesso modo del perfezionamento: fino ai 15-16 anni, si devono creare i presupposti essenziali per mettere l'atleta nelle condizioni di raggiungere il proprio livello più alto. Insegnare serve and volley ai ragazzi di 12 anni non è semplice, ma va fatto perché così creiamo giocatori completi e universali, prima di specializzarli”. Nessuno è uguale all'altro: altra forza del Sistema Italia. Tutto è fatto 'taylormade'. Qualcosa che genera fiducia, anche da parte dei giocatori di vertice.