"La grandezza del tennis italiano sta, soprattutto, nel sistema messo a punto dalla Federazione guidata da Binaghi" scrive il direttore Guido Vaciago. "La programmazione, la serietà e la costanza portano sempre a dei risultati" aggiunge
24 novembre 2025
"La grandezza del tennis italiano sta, soprattutto, nel sistema messo a punto dalla federazione guidata da Binaghi che ha consentito alla squadra nazionale di vincere la terza Davis consecutiva, potendo fare a meno del numero due e del numero otto del mondo" scrive il direttore Guido Vaciago su Tuttosport dopo il trionfo azzurro in Coppa Davis, il primo di sempre celebrato in casa nella storia del tennis italiano.
"Viene spontaneo pensare al nostro calcio, la cui popolarità inizia a presentare qualche crepa, soprattutto quando si parla di Nazionale" aggiunge Vaciago. Anche se, sottolinea, "le scelte e i programmi adottati da Binaghi per il rilancio del nostro tennis non sono applicabili tout court al calcio. Tuttavia, i vertici della Figc potrebbero prendere spunto dalla capacità di pianificazione della Federtennis e, soprattutto, della ferma coerenza con cui i progetti sono stati portati avanti; così come potrebbero ispirarsi al coraggio con cui il presidente Binaghi ha preso decisioni impopolari, ma necessarie, sfidando il consenso per arrivare al risultato; e, infine, potrebbero studiare il modo con cui il movimento si ricostruisce dal basso (più basso che si può), senza illudersi che cambiare qualcosa al vertice della piramide (un ct, qualche dirigente secondario) possa risolvere problemi strutturali".
Il tennis italiano, conclude, "è un esempio di come la programmazione, la serietà e la costanza portino sempre a dei risultati".

Quei risultati che a Bologna hanno mostrato volti diversi rispetto a Jannik Sinner, campione alle Nitto ATP Finals a Torino per la seconda volta consecutiva senza perdere nemmeno un set, e a Lorenzo Musetti. Volti che dimostrano un altro aspetto dell'attuale momento d'oro del nostro tennis.
La nostra grandezza, scrive Vaciago, sta infatti "anche nelle diversità con cui declina il suo immenso serbatoio di talento. Dal glaciale perfezionismo di Sinner allo scarmigliato agonismo di Cobolli passando dall'empatica potenza di Berrettini: c'è un campionario fantastico che può'appassionare chiunque"


E non solo. Sta anche "nell'amicizia che lega tutti i protagonisti del movimento, "nell'umanità dei suoi personaggi che coinvolgono emotivamente anche i non adepti alla racchetta, perché per fare sette milioni sulla Rai non bastano gli appassionati, ma serve anche chi, quel giorno, ti preferisce alla Ruota della Fortuna".
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