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Nella sala stampa del Centrale si ripercorrono gli ultimi due anni della capitana azzurra di BJK Cup: paura e speranza, incertezza e resilienza. Un percorso che da individuale ha saputo farsi messaggio universale, con lo sport e il tennis a mostrare la strada per affrontarlo
di Ronald Giammò | 06 maggio 2025
Si dice che la poesia più breve di sempre non l'abbia scritta un poeta, ma Mohammad Ali. Erano i giorni della sua squalifica, parlava in un'Università raccogliendo denaro che gli sarebbe servito per continuare a sostenere le spese di un lungo processo che si concluderà con la sua assoluzione e il ritorno sul ring per la rincorsa al suo secondo titolo di campione del mondo. Gli studenti gli chiesero di recitare qualcosa. Lui rispose così: "Me, we". Io, noi.
Ed è in questo costante oscillare tra la dimensione privata e intima e quella pubblica che prende le mosse il libro scritto da Tathiana Garbin e Federica Cocchi - "Il mio match per la vita tra gioie e cicatrici", ed Giunti e Fitp - un memoir che ripercorre gli ultimi due anni di vita della capitana della nazionale femminile di tennis, campione in carica della Billie Jean King Cup: dalla diagnosi di un tumore al percorso che tra operazioni e riabilitazioni la porterà alla guarigione, un percorso che inevitabilmente si intreccia con quello pubblico che la vede alla guida delle sue ragazze nel corso delle Finals della competizione di scena a Siviglia a novembre.
L'errore in cui si rischia di cadere più spesso, quando alle prese con una narrazione delicata come questa, è quello di cedere alla retorica bellicista e muscolare: una guerra da combattere, un nemico da sconfiggere. Nelle sue pagine invece, Garbin sceglie parole come 'partita' e 'avversario'. Parole di sport, a conferma di quanto questo con i suoi valori e la sua cultura abbiano saputo ispirarla nel suo cammino verso la guarigione. Un cammino, e qui è invece il tennis a prendersi la vetrina, da giocare un punto e un quindici alla volta, in un eterno presente in cui è possibile pensare di ribaltare qualsiasi pronostico.
A viaggio ultimato, la figura di Tathiana Garbin ci viene restituita in tutta la sua pienezza. La profondità e la consapevolezza accresciute dall'incertezza, costante compagna di viaggio; il sapere investire le proprie energie in ciò che si è in gradi di controllare. E dargli spazio, voce, ascolto. In una vicenda che pagina dopo pagina non sentiamo più appartenere a una dimensione personale e privata, ma che ormai ha saputo farsi storia universale, dilagando e venendoci incontro quasi a sussurrarci: riguarda anche te.
Eredità di questo percorso sono nuovi occhi con cui guardare alla meraviglia della vita. Nuova voglia e nuova linfa. Da coltivare in solitudine ma da alimentare insieme. Nel silenzio di una squadra al chiuso di uno spogliatoio sivigliano dopo una sconfitta in una finale a cui nessuno credeva di poter ambire; nei gesti e negli sguardi degli affetti più cari - moglie e mamma -, personaggi - tutti - che anche solo con gesto o con uno sguardo sono riusciti nel corso del viaggio a dare serenità e armonia. E risate e pace. Io, noi. Insieme. Come un gruppo, una squadra. Una famiglia. Parole su cui Garbin ha saputo costruire le sue fortune da capitana azzurra. E che continuano a ispirare anche lontano dal campo.