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Sardegna da vivere: Domus de Janas, le “case delle fate” Patrimonio Mondiale dell'Umanità

Scopri le Domus de Janas, la più ampia e ricca manifestazione di architettura funeraria ipogea nel Mediterraneo occidentale, diventate il 61mo sito italiano Patrimonio Mondiale dell'Umanità dell'UNESCO.

30 settembre 2025

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“In Sardegna esistono ancora le case delle fate. Solo che queste fate erano piccolissime; piccole come bambine di due anni, e non sempre buone“. Scrive così Grazia Deledda, unica donna sarda e italiana premio Nobel per la letteratura, che mette le Domus de Janas, le case delle fate appunto, al centro del racconto 'L'anellino d'argento'. C'è un aspetto che colpisce particolarmente la protagonista del racconto di Grazia Deledda di fronte a una di queste domus: “[lo] sboccar della misteriosa casa sotterranea nell’infinito respiro del mare”. Oggi queste strutture uniche, la più ampia e ricca manifestazione di architettura funeraria ipogea nel Mediterraneo occidentale, rappresentano il 61mo sito italiano Patrimonio Mondiale dell'Umanità dell'UNESCO.

Le Janas, fate o streghe a seconda di chi le incontrava, secondo le antiche leggende vivevano in piccole cavità scavate nella roccia, ai confini tra la vita e la morte, vestivano di rosso e intrecciavano fili d’oro e d’argento su telai preziosi. Apparivano solo di notte, ma col tempo l'uomo ha provato a rubare i loro tesori e le Janas si sono ritirate dal mondo visibile e da quelle che la leggenda tramandava come le loro case, ma nel tempo dell'uomo sono tombe pre-nuragiche. Punti di confine, come nella leggenda, indispensabili per le pratiche un culto antico in base al quale i defunti venivano restituiti alla dea Madre, lasciati a dormire in queste grotte come nel ventre della madre Terra in attesa del viaggio nell'aldilà.

La Necropoli di Sant'Andrea Priu (Foto SardegnaTurismo)

La Necropoli di Sant'Andrea Priu (Foto SardegnaTurismo)

Ognuna di queste tombe apre una porta su un mistero, con orgogliosa resistenza agli elementi e ai tentativi di decifrarne forme e decorazioni. In un'epoca in trasformazione verso forme più complesse di organizzazione come quella pre-nuragica, le Domus de Janas parlano agli uomini di oggi di popoli antichi che di fronte all'ultimo viaggio intagliavano misteriose grotte che sbocciavano sul mare per renderlo più confortevole, per sentirsi meno soli. Ci ricordano il valore dell'appartenenza, del senso di comunità.

L'UNESCO, che ha riconosciuto come le Domus de Janas rappresentino una illuminante testimonianza su una società in evoluzione verso forme di organizzazione più complesse, non ha inserito nella sua lista indiscriminatamente tutte le circa 3,500 tombe di questo tipo identificate in Sardegna ma un gruppo di 17 siti. Ovvero quelli individuati nel progetto “Arte e architettura della Sardegna preistorica. Le domus de janas", curato dal Centro Studi “Identità e Memoria”, con un gruppo di lavoro coordinato dalla professoressa Giuseppa Tanda.

Alghero ospita il più esteso di questi 17 complessi, la Necropoli di Anghelu Ruju, scoperto nel 1903: le 38 tombe scavate nell’arenaria in un periodo che va dal 3200 al 2800 a.C ne fanno la massima espressione sepolcrale preistorica di tutta la Sardegna del Nord. Frequenti le decorazioni con protomi e corna di toro, rappresentazioni della divinità che doveva proteggere il sonno eterno dei defunti, l'incisione di false porte e l'utilizzo di ocra rossa, un riferimento al sangue, simbolo di sacrifici e insieme di nuova vita.

Necropoli di Anghelu Ruju (Foto Ales&Ales - SardegnaTurismo)

Necropoli di Anghelu Ruju (Foto Ales&Ales - SardegnaTurismo)

Sempre nell'algherese, contornate dalle colline e dalle valli in cui scorre il fiume Temo, si trovano le nove domus de Janas che compongono la Necropoli di Puttu Codinu. Celebre quanto affascinante per la complessità delle decorazioni, come il nome stesso suggerisce, S'Incantu. È la più ricca e integra delle quattro domus de Janas che compongono il sepolcreto prenuragico di Monte Siseri, la più spettacolare delle 215 domus scolpite o dipinte distribuite in tutta la Sardegna.

Nel sassarese la lista identifica due peculiari necropoli, quella di Mesu e Montes con le particolari decorazioni in chiave ‘domestica’, e di Su Crucifissu Mannu, un labirinto scavato nel calcare. L'area si rivela particolarmente ricca di strutture comprese nella lista dell'UNESCO e allo stesso tempo variegata: troviamo la domus dell’Orto del Beneficio Parrocchiale, in pieno centro abitato a Sennori, utilizzato in tempi recenti come cava di calcare e ricovero durante la Seconda guerra mondiale; quella note come Roccia dell’Elefante a Castelsardo, che ad ogni sguardo stupisce per la sagoma di roccia di trachite intagliata dal vento e dall'acqua fino ad assumere la forma di un elefante color ruggine; il Parco dei Petroglifi a Cheremule, a pochi chilometri da uno dei più famosi complessi nuragici della Sardegna, il Santu Antine di Torralba; le Necropoli di Sant'Andrea Priu e Sa Pala Larga a Bonorva, che spiccano per lo stato di conservazione. Infine ad Anela, nella Necropoli di Sos Forrighesos, lo sguardo si può perdere a seguire una delle maggiori concentrazioni di incisioni rupestri, i petroglifi, di età prenuragica in tutta la Sardegna.

Necropoli di Monte Siseri (Foto Gianni Careddu)

Necropoli di Monte Siseri (Foto Gianni Careddu)

La zona di Oristano conserva la magia intatta della Domus de Janas Ispiluncas, una rete di 33 ipogei a 200 metri dall'area archeologica di Iloi, e il mistero della Necropoli di Mandras (o Mrandas), con un motivo a reticolo in ocra rossa all'ingresso di cui non esistono altri casi documentati e sul cui significato non esiste accordo. Due manifestazioni di quell'attrazione crescente e coinvolgente per le credenze che non si spiegano, per tutto quello che non si afferra.

Anche la Sardegna centrale è ricca di testimonianze archeologiche entrate nella lista del Patrimonio Mondiale dell'Umanità dell'UNESCO come la Necropoli di Brodu, a Oniferi; e quella di Istevene, a Mamoiada, scavata nella roccia granitica e circondata da un rigoglioso bosco di lecci.

Nell'elenco anche il Parco Archeologico di Pranu Mutteddu, vasto complesso monumentale a Goni, paesino nella città metropolitana di Cagliari, e la Necropoli di Montessu, il più esteso complesso di domus de Janas nel sud della Sardegna, a un chilometro da Villaperuccio, nel basso Sulcis.

Necropoli di Montessu (Foto Alessandro Branca)

Necropoli di Montessu (Foto Alessandro Branca)

Queste 17 testimonianze testimoniano le pratiche funerarie, le credenze religiose e l’evoluzione sociale delle comunità neolitiche sarde. Attraverso le forme e l'architettura, e insieme attraverso i corredi funerari o la disposizione delle ossa all'interno dei complessi funerari, le domus de Janas documentano l’organizzazione sociale, i rituali, la complessa visione della vita e la concezione spirituale delle più antiche comunità insediate in Sardegna. Un'isola da conoscere e da vivere, non solo negli itinerari da cartolina. Un'isola da scoprire, seguendo le tracce di un mistero antico ed eterno come il senso della vita.

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